L’ambientalismo nel mondo e le lotte condotte dai movimenti politici ed ecologisti hanno goduto nella storia dei contributi di donne pioniere, le cui testimonianze vanno ricordate e ripercorse, rinominate, poiché ci aiutano ad allenare la coscienza, partendo dai luoghi e dalle strade che abitiamo.

Gli effetti della crisi ambientale sono ormai evidenti nella nostra quotidianità. Oltre che dal non banale punto di vista climatico e metereologico, i risvolti sociali ed economici sono sempre più tangibili e stanno allargando molte disuguaglianze già esistenti nella nostra società. Si tratta, infatti, di fenomeni che confermano come l’adattamento al cambiamento climatico richieda politiche di mitigazione che puntino a ridurre o prevenire le emissioni, ma che siano attente anche ai bisogni delle persone.

In questo quadro le donne e, in generale, le categorie marginalizzate in assenza di politiche adeguate rischiano maggiormente di essere penalizzate. Uno di questi è legato alla dimensione di genere; come sottolinea l’OCSE nel rapporto1 Gender and Environmental Statistics, “nelle economie avanzate esistono differenze nell’esposizione all’inquinamento e alle sostanze chimiche pericolose tra uomini e donne, legate alle abitudini di consumo, alle differenze fisiologiche e ai divari del background socioeconomico”.

Sempre in questo tema, molte delle persone marginalizzate adottano per necessità uno stile di vita più sostenibile. Lo fanno ad esempio perché usano di più i mezzi pubblici o perché prestano maggior attenzione ai costi delle bollette. Questo, però, non cambia la situazione.

Secondo i dati raccolti da 40 Cities Climate2 Leadership Group, ActionAid e Eurostat, a livello mondiale “l’80% delle persone costrette a spostarsi a causa del cambiamento climatico sono donne, solo il 15% dei proprietari terrieri sono donne e solo il 15% dei ministri che si occupa di ambiente e transizione energetica sono donne”.

Il mondo maschile si riunisce, discute e progetta di cambiare il mondo o di salvarlo. Le donne ne parlano altrettanto e quotidianamente, mettendo in atto piccoli e grandi gesti che portano a difendere l'ambiente e il futuro. Eppure continuano a sentirsi insicure, di fronte ad una società prettamente patriarcale, inadeguate di fronte ad una politica e finanza machista, come se i loro intenti, pensieri e gesti non fossero azioni per il bene comune e non avessero un impatto economico, dimostrando invece, razionalità, lungimiranza e coraggio nelle scelte che prendono, tenendo bene a mente il futuro del Pianeta.

Dall'indagine fatta sul Nielsen Consumer Panel3 emerge infatti che le donne hanno comportamenti ecologici, preferiscono i mezzi pubblici alla macchina (il 30% rispetto al 22% degli uomini), usano prodotti senza sostanze chimiche (il 37% contro il 27% degli uomini), portano le borse della spesa da casa per non sprecare plastica (il 69% delle donne e il 54% degli uomini), sono disposte a pagare qualcosa in più per avere prodotti che rispettino l’ambiente e che siano eticamente prodotti (il 14% delle donne contro il 12% degli uomini). Non solo. Le donne usano tempo e pazienza per fare la raccolta differenziata o comunque prestano attenzione allo smaltimento dei rifiuti (il 78% rispetto al 72% degli uomini), gettano le batterie esaurite negli appositi contenitori (il 68% contro il 64% degli uomini), leggono (libri, riviste e giornali) su supporti elettronici (ad esempio il Kindle) per ridurre il proprio consumo di carta (il 20% vs il 17% degli uomini).

La forza femminile per quanto riguarda l’ecologia e l’attenzione all’ambiente, non è tanto da ricercare nei gesti eclatanti e nelle manifestazioni, quanto nella vita quotidiana, quel piccolo impegno giornaliero e costante che fa la differenza.

È evidente quindi che il mondo femminile presta molta più attenzione alla tutela dell’ambiente rispetto a quello maschile, e senza vantarsene o acclamarlo pubblicamente. Questi gesti non sono appariscenti e non sono fatti per farsi notare, ma sono sintomo di un’attenzione e di una cura premurosa per il nostro pianeta, che anche gli uomini dovrebbero imparare.

L’entusiasmo e la forza di Greta Thunberg e Vanessa Nakate, la tenacia della premio Nobel keniota Wangari Maathai, il coraggio di Nemonte Nenquimo, leader delle donne indigene ecuadoregne, in prima linea per la difesa dell’Amazzonia, l’abilità diplomatica di Christiane Figueres, costaricana, Segretaria Esecutiva della “Convenzione quadro” delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tra il 2010 e il 2016 e mediatrice fondamentale nella trattativa degli Accordi di Parigi. Poi ancora ministre, deputate, sindache, attiviste e private cittadine, la battaglia per il cambiamento climatico e la tutela dell’ambiente è guidata dalle donne. Hanno età, storie, provenienze, visioni e ruoli diversi, ma sono unite da un intento comune: fermare il disastro ecologico. Alcune di loro, giovanissime, come Thunberg e Nakate, sono riuscite a portare in piazza i coetanei di tutto il mondo con Fridays For Future, un movimento con un’adesione senza eguali nella storia recente, eppure la partecipazione femminile in ambito ecologista non trova ancora lo spazio che meriterebbe.

Secondo l’ambientalista e scrittore statunitense Paul Hawken l’emancipazione e l’educazione femminile sarebbero tra i sei piani più efficienti per contrastare i cambiamenti climatici, come scrive nel suo saggio, Drawdown4, uno dei testi ecologisti più importanti. Come invertire la rotta per rendere le donne davvero protagoniste della transizione ecologica?

Prima di tutto bisognerebbe incentivare lo studio delle materie Stem, cioè quelle appartenenti agli ambiti di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, fondamentali per decifrare la crisi climatica. L’Italia ha avuto un approccio virtuoso, lanciando il liceo quadriennale per la Transizione ecologica e digitale, con il coinvolgimento di quattro università. Negli ultimi anni lo stereotipo della ragazza portata solo per le arti e la letteratura e poco predisposta ai numeri è andato, fortunatamente, in frantumi. Nel mondo però, secondo il report We Stem for Our Future5 di We World, sono donne solo il 35% degli iscritti a facoltà Stem, con differenze rilevanti se si considerano le diverse discipline: il 7% delle ragazze decide di studiare ingegneria, rispetto al 22%.

Nel prendere decisioni legate al bene comune, e utili a marginare la crisi climatica, c’è dunque un fattore che andrebbe preso maggiormente in considerazione: la partecipazione delle donne e delle minoranze ai processi di decision making, che oggi è molto limitata. La leadership è ancora un ambito delle nostre vite dove la presenza maschile è nettamente superiore a quella femminile. Come sottolinea il Report 2022 dell’EIGE6, l’European Institute for Gender Equality, negli anni il divario è stato ridotto, ma ancora persiste e la situazione è ancora più complessa se consideriamo le minoranze presenti nella società.

Secondo il network Energia, che si occupa dei nessi tra sostenibilità e parità, “la transizione ecologica deve includere pienamente le donne e utilizzare il loro libero arbitrio, la leadership, le capacità imprenditoriali e la loro partecipazione per accelerare il raggiungimento di un’energia sostenibile universale e ridurre il divario di genere”.

Si tratta di obiettivi che devono andare di pari passo, mettendo in luce anche le necessità delle minoranze. Ripensare la partecipazione politica e i processi decisionali, oltre che lavorativi, sono punti di partenza per una transizione giusta. Senza un’evoluzione culturale, infatti, la transizione ecologica rischia di favorire disuguaglianze e allargare il divario sociale.

Note

1 OECD, Gender and environmental statistics Exploring available data and developing new evidence, Marzo 2020, Brochure-gender-and-environmental-statistics.pdf.
2 Bloomberg Philanthropies, C40 Cities Climate Leadership Group, Ottobre 2022.
3 Nielsen Holdings, Audience is everything.
4 Paul Hawken, Drawdown: The Most Comprehensive Plan Ever Proposed to Reverse Global Warming, Penguin Books Ltd, 2018.
5 We stem for our future, WeWorld, 7 febbraio 2022.
6 European Institute For Gender Equality, Gender Equality Index, 2022.