Christian Bérard (1902- 1949) è un’artista parigino, trasversale al concetto di unico medium espressivo. Il padre è architetto e Christian, a 18 anni, si iscrive all’Académie Ranson, dove studia pittura all’ombra, lunga, della corrente dei Nabis.

Qui si lascia pervadere dal movimento Simbolista e dal colorismo del suo maestro Édouard Vuillard (noto per la pittura di interni impressionisti e dal carattere intimista) e dall’arte di Maurice Denis (che utilizza il colore in maniera uniforme sui piani prospettici, ad appiattire la superficie). Il tratto grafico di Bérard deriva dalla delicatezza formale di Denis ed il suo aspetto coloristico dalle macchie cromatiche di Vuillard.

La sua mano pittorica diviene un mix di questa esperienza simbolista e sintesi di una capacità espressiva legata all’incanto. Come illustratore, Bérard, traccia forme tra il classico ed il rococò. Il suo tratto essenziale, sorta di calligrafia dell’immediatezza espressiva, generano l'animazione pulsante di una linea che suggerisce piuttosto che dettare, e che si traduce vivace nel colore.

Il suo esordio avviene presso la Galleria Pierre, di Parigi, nel 1925, segue un’esposizione nella celebre Galleria Druet (fondata da Eugène Druet, nel 1903, in Rue du Faubourg Saint-Honoré, e al tempo già trasferitasi in Rue Royale), dove aveva esposto lo stesso Maurice Denis. Dal 1930 frequenta i membri della corrente artistica dei “Neo Umanisti” formatasi attorno alla figura del critico Waldemar George.

È nel periodo tra le due guerre che entra in contatto con il mondo letterario e teatrale. Bérard scrive pagine importanti nella storia dello stile attraverso una revisione del sistema della scenografia. Collabora con il Balletto Russo di Montecarlo alla rappresentazione di cotillon, del ballerino-coreografo di etnia georgiana, naturalizzato statunitense: George Balanchine, esportatore della tecnica della danza classica negli Stati Uniti. Con Balanchine, in questo progetto vi è la costumista ucraina, Barbara Karinska (prima vincitrice di un Oscar per i costumi, nel 1949, insieme a Dorothy Jeakins). Cotillon è un unico atto, andato in scena il 12 aprile, 1932, su libretto di Boris Kochno, ballerino, coreografo, librettista e collaboratore di Diaghilev nonché amante di Christian Bérard.

Come illustratore realizza bozzetti per Vogue, che ritraggono le creazioni di Chanel, di cui era amico, Nina Ricci e Christian Dior: in sintesi le più importanti maison di moda del periodo. Dal 1935 al ’48 diviene collaboratore stabile della rivista con qualche ricognizione su Harper's Bazaar. Con Dior ha un rapporto di amicizia dagli anni anni ’20, periodo nel quale il couturier era gallerista, e diviene il suo referente all’atto della sua prima collezione di Haute Couture dalla linea a corolla e definita: “New look”, il 12 febbraio del 1947.

A circa un anno dall’apertura della Maison, al 30 di Avenue Montaigne, piano terra, ai piedi dello scalone d’onore, e nell’allestimento generale impaginato da Dior e Victor Grandpierre, gli viene affidata la realizzazione della sua prima boutique, denominata “Colifichets” (termine francese che significa “Ornamenti”) nome che evoca oggetti ludici, di fantasia e di più facile fruizione. Sarà gestita da un’amica di Dior: Carmen Colle.

Realizza per lo shop un piccolo portico che contiene mensole e banconi e sceglie di rivestirla con la Toile Joy, che riporta la grafica di una vita bucolica alla corte dei Luigi di Francia: oggi un vero must della Maison. Altro capitolo della vita di Bérard è Elsa Schiaparelli. Nella sua autobiografia, Shocking Life ha scritto riferendosi all’amico artista: "Essere approvata e ammirata, ricevere l’amicizia - da Bébé è stata una consacrazione nel mondo artistico, sociale e intellettuale di Parigi". Bérard era soprannominato Bébé per la sua faccia da bambino paffuto. Era così che lo chiamava Cocteau (che introdusse l'artista all'oppio che sarebbe diventato una dipendenza).

Bérard ha collaborato numerose volte con Elsa Schiaparelli. Ha creato, per essa, illustrazioni di moda, stampe esclusive e persino un paravento dipinto per lo showroom della sua Maison di Haute Couture. Dal punto di vista dell’aspetto quasi tutte le descrizioni di Bérard includono che fosse un bell'uomo con la barba, attraente in smoking, ma mediamente molto disordinato. Era quasi sempre spettinato al punto che questa sua immagine si è imposta nel titolo della sua biografia: “Clochard Magnifique”, o "Magnificent Tramp".

Ad accompagnarlo fedelmente un cane bianco, che di solito era macchiato di vernice come lui. Caratteristica dell’immagine dell’artista Bérard era quella di venir ritratto/fotografato a letto, all’atto di riposare; la sua camera fungeva anche da studio e lavorava lì fino a tarda notte. Nel progetto scenotecnico lavora per i Ballletti Russi di Diaghilev così come a: “La Bella e la Bestia”, del 1944, per la regia di Jean Cocteau.

Assieme a Jean Cocteau e all’attore Jules Eugène Louis Jouvet, realizza anche La Machine infernale (1934), L'École des femmes (1935), oltre che La Folle de Chaillot di Jean Giraudoux (1945), Les Bonnes di Jean Genet (1947) e Dom Juan ou Le Festin de Pierre di Molière (1948).

Nel 1945, realizza le scenografie per il celeberrimo Théâtre de la Mode, che consisteva in una mostra itinerante di bambole che, nel dopoguerra, promuoveva, nel mondo, l'alta moda francese. A tale proposito giunge l’esempio di Saint Laurent il quale, da ragazzo in Algeria, vide una produzione de “L'ecole des femmes”, con scene e costumi di Bérard, da questo momento il futuro couturier decide di costruirsi un teatro di carta e inizia a disegnare nello stile di Bérard. Per Saint Laurent il modo di esprimersi, attraverso il gioco, che apparteneva a quanto aveva visto a teatro nel lavoro dello scenografo parigino, corrispondeva al suo gusto nel creare.

“Bébé” ha svolto il lavoro di interior-design collaborando con Dior ma anche con uno dei principi del minimalismo: Jean-Michel Frank (il quale aveva lavorato anche per Schiaparelli). Con Frank, nel 1939, realizza il decoro trompe-l’oeil dell’istituto Guerlain. Per esso tratteggia un piano architettonico surreale che dialoga con le linee essenziali espresse dal luogo, cornici, timpano, e boiserie dipinte in bianco e nero, a mano libera, e tratto approssimato, su base arancione. Una visione quasi onirica dello spazio.

Le sue creazioni sono al MOMA di New York e nei musei di mezzo mondo. Nel 2022 il Nouveau Musée National de Monaco gli ha dedicato la retrospettiva: “Christian Bérard Excentrique Bébé”, di fronte al mare, a Villa Paloma, quel mare che lui ha lungamente vissuto durante la sua relazione con il suo partner, Kochno, a suo tempo alla direzione del Ballet Russe de Monte Carlo.

Per Bérard il mare diviene suppletivo della civiltà Occidentale, una sorta di possibile visione classica e cristallizzata di una realtà non attraversata dalla barbarie della guerra. Bisogna ricordare che Christian lavora e raggiunge l’apice del suo successo, tra le due guerre mondiali, ed aveva 12 anni quando scoppiò la prima. Il desiderio di qualcosa di continuo e duraturo, stabile nella sua armonia di natura, è comprensibile e diviene tracciabile nelle sue visioni attraverso l’elemento marino. L’opera omnia di Bérard ed i suoi disegni in particolare documentano un'epoca importante ed entusiasmante della moda. Le sue copertine per Vogue, le raffigurazioni delle creazioni della Haute Couture, le costanti collaborazioni con il teatro e il decoro di interni, il dialogo continuo con la pittura, altra sua grande ossessione, il porsi in relazione acuta con altri mondi, costituiscono l’universo endemico di Bérard che da lui ci è stato disvelato.: fughe verso quella che i francesi chiamano “Rêverie” (Fantasticheria).

La generosità espressiva, più unica che rara, che lo caratterizza, e la capacità di accostarsi, collaborativamente, al genio altrui, in funzione permeabile, quanto personale, risultano a conti fatti encomiabili ed emulabili.
Christian Bérard regala nel suo percorso un’influenza innata per quella sua natura espressiva che abbozza l’essenziale di ogni sogno nel teatro dei modi, a suo modo, e ci lascia in eredità la natura del coesistere per un fine: il bello.