Nella pubblicistica odierna si tende a generalizzare quando si parla dei robot. Questa generalizzazione probabilmente è una conseguenza della popolarizzazione dei cosiddetti chatbot e simili. In realtà i robot, sin dalla loro introduzione nella letteratura fantastica (il termine, come è noto, venne reso celebre dallo scrittore ceco Karel Čapek che, nel suo dramma teatrale R.U.R. nel 1920, lo usa per definire l'operaio artificiale) sono macchine (più o meno antropomorfe) in grado di svolgere, più o meno indipendentemente, un lavoro al posto dell'essere umano.

Macchine antropomorfe erano presenti, almeno sulla carta, già con Leonardo Da Vinci e il suo Cavaliere meccanico del 1495 che riprendeva e approfondiva i risultati ottenuti da Leonardo con l'Uomo Vitruviano (che, ricordiamo, non fu il primo né l'unico che tentò di tradurre graficamente il passo di Vitruvio relativo alle proporzioni del corpo umano).

A rigore, quindi, il termine robot, implica l'esistenza di un corpo artificiale antropomorfo: non parleremmo, per esempio, di una lavatrice preprogrammata come di un robot, in quanto mancante dell'elemento antropomorfico. Un chatbot (che appunto utilizza la parte finale della parola robot) non può essere inteso come un robot perché, nonostante la sua capacità di interagire verbalmente con gli esseri umani, non possiede caratteristiche corporali antropomorfe: l'essere umano non è solo un insieme di algoritmi e software; esso simula solo un aspetto dell'essere umano: la capacità di interagire verbalmente. La parte emotiva del linguaggio, il linguaggio non verbale, così importanti nel confronto tra esseri umani non sono mostrati dai chatbot, anche per ammissione del chatbot stesso (come ChatGPT che pure usa tecniche di Intelligenza Artificiale e Deep Learning).

Un esempio simile, ma fantastico, a quello di ChatGPT è probabilmente HAL 9000 del film di Kubrick Odissea nello Spazio, anche se HAL 9000 non solo interagiva verbalmente con l'equipaggio spaziale, ma tramite telecamere sparse nella navicella poteva controllare l'ambiente circostante e, addirittura modificarlo (uccidendo, per esempio, gran parte dell'equipaggio): HAL 9000 ha, in un certo senso, un corpo capace di agire almeno parzialmente con l'ambiente esterno, cosa che ChatGPT non può fare, almeno per il momento, appunto per la mancanza di un corpo.

Il corpo, quindi, come ha illustrato bene Maurice Merlau Ponty, (in per esempio, Fenomenologia della percezione, 1945) anzi, il proprio corpo (possedere cioè un corpo) non è solamente una cosa passiva, che a partire da Descartes e tutta la tradizione illuministica francese veniva ridotta ad un apparato meccanico, un involucro per la rex cogitans, ma, al contrario, costituisce l'apertura percettiva al mondo. Per Merlau Ponty, allora, il primato della percezione significa un primato dell'esperienza, nel momento in cui la percezione riveste un ruolo attivo e costitutivo del tutto assente nei chatbot.

Si rende quindi necessario una cauta classificazione all'interno della concezione dei robot, o meglio, nella classificazione degli automi intelligenti. Una corretta classificazione di questi ultimi non solo ci chiarirà le idee sulla varietà dei diversi automi, ma, avrà anche ripercussioni di tipo giuridico e scientifico. Infatti, sebbene i robot di Čapek fossero agenti artificiali organici, la parola robot viene, sin da Asimov, quasi sempre usata per indicare un agente meccanico antropomorfo (cosa, che abbiamo visto ci fa scartare i chatbot tra i robot); ma usiamo anche il termine androide (dal greco anèr, andròs, uomo, e che quindi può essere tradotto a forma d'uomo) che può essere usato in entrambi i casi, mentre con cyborg (organismo cibernetico o uomo bionico) si indica una creatura che combina parti organiche e meccaniche (uomo bionico).

L'idea di androide è stata popolarizzata attraverso la figura dell'androide tenente comandante Data il quale è un membro dell'equipaggio della nave stellare Enterprise nella serie televisiva Star Trek - The Next Generation (1987-1994). Data non è costituito da parti meccaniche, ma è un organismo sintetico, formato cioè da tessuti non ancora esistenti in natura o creato a partire da sistemi biologici già esistenti in natura riprogettati e prodotti per essere maggiormente performanti (vedi il termine biologia sintetica in Szybalski, W. (1974). In Vivo and in Vitro Initiation of Transcriptio. In: Kohn, A., Shatkay, A. (eds) Control of Gene Expression. Advances in Experimental Medicine and Biology, vol. 44. Springer, Boston, MA) insieme a un sistema di intelligenza artificiale e di un cervello positronico con notevoli capacità di elaborazione (60 trilioni di calcoli al secondo) e archiviazione dati (circa 100 000 terabyte). Un androide e pressoché indistinguibile dall'uomo (e anche capace di generare).

I cyborg, come abbiamo accennato, sono invece organismi in parte biologici e in parte meccanici; esseri al confine tra uomo e macchina, grazie alla capacità dei suoi innesti di comunicare attivamente con l'organismo, che risulta dunque costituito da elementi artificiali, come protesi meccaniche ed elettroniche, solitamente innestati sul corpo umano. In letteratura abbiamo svariati esempi di cyborg. All'interno del paradigma cyborg dobbiamo distinguere tra questi ultimi e i fryborg (individui potenziati tramite estensioni meccaniche ed elettroniche non innestate nel corpo), anche per non cadere nella trappola di Donna Haraway che ci induce, nel suo Manifesto Cyborg (1991), a pensare che la tendenza naturale degli esseri umani e quella di ricostruirsi attraverso la tecnologia allo scopo di distinguersi dalle altre forme biologiche del pianeta: un progetto che parte dalle prime forme di manipolazione del corpo umano e continua oggi con l'utilizzo di protesi tecnologiche e lo sviluppo dell'ingegneria genetica. Un conto è, infatti, un individuo potenziato tramite estensioni meccaniche (gli occhiali o una penna) ed elettroniche (apparecchi acustici o peacemaker) non innestate nel corpo (come il chip che Kevin Warwick ha innestato nel proprio braccio che gli ha permesso delle esperienze anche simili a quelle paranormali, K. Warwick, In the mind of the machine, 1998). Oppure protesi a diretto contatto con il cervello, come l'esempio di Djurica Resanovic che grazie alla sua nuova gamba bionica riesce invece a percepire la protesi attaccata sotto il ginocchio come se fosse parte integrante del corpo: non deve concentrarsi per muoversi, non deve seguire con lo sguardo ogni passo per evitare di cadere e se qualcuno le tocca la pianta del piede lei se ne accorge anche a occhi chiusi.

Possiamo ancora immaginare che a persone con problemi o danni organici e neurologici al cervello possano essere impiantati sistemi tali da poter colmare o potenziare quella parte di cervello rimanente o neurologicamente “sano”. È chiaro come una distinzione tra i diversi riferimenti associati alla parola robot, abbia delle ripercussioni a livello sociale e giuridico; infatti, si aprirebbero nuovi confini per l'idea di cittadinanza: potremmo escludere i cyborg o gli androidi dalla vita politica e sociale? Biologia ed evoluzionismo, afferma Donna Haraway, hanno fatto degli organismi moderni un soggetto di conoscenza, e contemporaneamente, hanno ridotto il confine tra animale e l'umano; in altri casi possiamo dire che abbiamo addirittura antropomorfizzato il comportamento animale, li vestiamo come se fossero umani o avessero dei bisogni umani: non ci stupiremmo, forse, se in un futuro disneyano gli umani camminassero a braccetto con Pippo/Goofy.

Il passaggio successivo sarebbe quindi il riconoscimento di cittadinanza a questi ibridi, a questi cyborg o androidi? D'altronde, la storia del cavallo Incitatus nominato senatore per dimostrare che anche un cavallo avrebbe potuto far meglio degli altri senatori romani è ormai proverbiale, sebbene sia stata ingigantita nel corso dei secoli (l’animale non divenne mai senatore e l’idea di Caligola pare fosse piuttosto quella di farlo console), e ci mostra come, nella storia, creature seppure non ibridizzate sono state fatte portatrici di cittadinanza.

Un tentativo di rispondere a questo tipo di domande è stato fatto nel controverso saggio Cyborg Citizen, dall'attivista sociale ed esperto di cybercultura americano Chris Hables Gray che, partendo da una prospettiva lockeana e kantiana (cioè cosmopolita), propone come test di cittadinanza proprio il test di Turing. Secondo Hables Gray, in un mondo ibridizzato e cosmopolita (in cui cioè le nazioni-stato sono contingenti e la cittadinanza mondiale ha un senso maggiore a causa delle scelte globali politiche ed ecologiche) il test di Turing, in quanto procedura operazionale (cioè non un valore astratto ma, come la cittadinanza, e un’idea di lavoro) è il modo migliore per testare se un’entità in questione, cyborg, robot o androide, in quanto capace di tenere una conversazione genuinamente intelligente (che quindi comporti l'uso di un corpo) con un essere umano intelligente per un tempo sufficientemente lungo, possa essere recipiente di diritti di cittadinanza. Nel caso che l'artefatto artificiale possa mantenere una conversazione con un essere umano intelligente, allora potrà essere, al limite, considerato intelligente come molti umani.

Hables Gray, quindi, getta enfasi sull'idea di cittadinanza/democrazia partecipativa, cioè sull'idea che il tipo di cittadinanza che permetta agli individui (in modo molto simile alla democrazia della Grecia antica) un maggiore coinvolgimento nella vita politica e un accrescimento del loro ruolo nei processi decisionali. Alcuni autori hanno notato come la proposta di Hables Gray possa paradossalmente tagliare fuori degli esseri umani e tener dentro degli individui artificiali o semiartificiali. Gray, d'altro canto, ha ribattuto che la sua proposta non permetterebbe il rifiuto della cittadinanza su basi razziste o su pregiudizi ricorrenti; il punto e quello di non escludere, secondo Gray, quelli che posseggono già i requisiti di cittadinanza, come nel passato hanno fatto i criteri di censo, di capacità alfabetiche e di sesso) e neanche includere istituzioni o feti o animali domestici: diritti e protezioni possono essere loro garantiti al di là del test di Turing. Secondo Hables Gray, la bellezza dell'utilizzo del test di Turing sta proprio nel focalizzarsi sul cuore dell'attività politica: la comunicazione attiva, che viene elevata, come nelle polis greche, a valore definitivo della politica stessa; non importa se la cittadinanza viene incorporata da un corpo organico, macchinico o ibrido o addirittura un avatar o un ologramma (come nel romanzo di McBride Allen, L'uomo modulare, 1992).