Ma chi l'ha detto che 2+2 fa sempre 4? Da questo principio gli stessi matematici si sono allontanati da un pezzo rilevando come, cambiando lo scenario, la soluzione di un'equazione o di un problema non possa accettare tale imposizione. D'altronde anche gli economisti sanno che i conti giusti vanno fatti tenendo conto di variabili diverse, a partire dall'inflazione, che spesso non danno i risultati assoluti e incontestabili che vorremmo. Per non parlare della politica, dove le somme cambiano in continuazione a seconda degli interessi umani, e dei sentimenti, transitori e instabili in qualsiasi condizione.

Resta il fatto che ogni volta che ci troviamo di fronte a qualcosa che va oltre o contro le nostre previsioni reagiamo con un senso di impotenza, ma anche di collera e sdegno per veder frantumate le nostre certezze razionali. A maggior ragione quando riteniamo che la tecnica e le conoscenze avrebbero potuto metterci in guardia in anticipo. Così ogni volta che forti eventi metereologici devastano il nostro territorio, non solo la politica, ma anche la scienza finiscono sul banco degli imputati, come si è visto a maggio, in seguito all'alluvione dell’Emilia-Romagna, e in queste ultime settimane, dopo che la tempesta Ciaran ha flagellato l'Europa, dal Regno Unito fino all'Italia, attraverso Francia, Germania, Spagna, Olanda e Belgio.

Mettendo da parte le anomalie climatiche che sembrano essere alla base degli eventi estremi degli ultimi anni, la meteorologia poteva fare di più e meglio per prepararci all'impatto? In molti ci giurano ma gli scienziati mettono le mani avanti sottolineando le difficoltà di un sistema complesso. Lo hanno fatto a Pisa nel corso di un incontro promosso dall'INFN a Palazzo Blu, dove Serena Giacomin, fisica dell'atmosfera, climatologa e presidente Italian Climate Network, e Angelo Vulpiani, docente di fisica teoretica alla Sapienza di Roma, si sono alternati, sottolineando i problemi e i limiti della meteorologia. Perché l'atmosfera è un sistema dinamico caotico difficilmente prevedibile in quanto molto sensibile alle condizioni iniziali. Ciò significa che piccoli eventi naturali, come il battito di ali di una farfalla, possono cambiare il mondo e che quindi un errore, anche infinitesimo, dei dati che la descrivono a un certo istante, può provocare enormi variazioni nelle previsioni. «Perché la scienza non ci dice la verità», ha avvertito il professor Franco Cervelli, ideatore di Warning, una serie di incontri sugli allarmi lanciati dal nostro pianeta. «È la maniera migliore con cui noi sappiamo descrivere la realtà, ma non è la realtà».

Proviamo, invece, soltanto a guardarla questa realtà. E allora ecco come Serena Giacomin ha descritto l'uragano Ciaran: «Si è trattato di una tempesta extratropicale, non tropicale, che quindi può caratterizzare le nostre latitudini, ma certamente con un'intensità superiore a quelle a cui siamo abituati. Ci sono state raffiche con intensità di uragano che hanno superato i 200 km orari e onde di 7-8 metri sulle coste francesi. Un ramo di questa perturbazione si è distaccato e ha attraversato il Mediterraneo andando a raggiungere anche l'Italia». Quello che si è abbattuto sulla Toscana la notte tra il 2 e il 3 novembre facendo danni e vittime è definito dai meteorologi un temporale V-shaped, cioè a forma di V, perché si è originato da correnti calde e fredde confluite nello stesso momento in un cono di territorio, creando alluvioni con accumuli fino a 200mm di pioggia.

Ma quanti 'occhi' avevano controllato e monitorato da giorni la perturbazione? La quantità è sorprendente. Ci sono 20.000 stazioni meteorologiche a terra, 3500 boe, 4000 navi con strumenti ultramoderni, 2000 palloni sonda, 9000 aerei che forniscono i dati sulle variabili atmosferiche, radar e decine di satelliti. Sono inoltre a disposizione super computer con milioni di processori in grado di elaborare miliardi di calcoli al secondo. Eppure, non basta. L'affidabilità delle proiezioni è sicura per qualche ora o fino al giorno successivo, ma decade andando avanti nel tempo.

«Tutti questi dati ci aiutano a descrivere l'atmosfera», spiega Giacomin. «Riusciamo così ad avere una fotografia tridimensionale con cui poi andare ad analizzare, grazie ai super computer e ai modelli matematici e fisici, quella che è la possibile evoluzione futura. Ma non è sufficiente. Nella nostra conoscenza ci sono approssimazioni e imperfezioni che ci portano ad inciampare in errori e quindi al decadimento di affidabilità delle previsioni».

Certo si potrà migliorare, ma se riusciamo ormai da molto tempo a prevedere un’eclisse anche a distanza di centinaia di anni, i meteorologi non saranno mai in grado di prevedere con sicurezza se in un certo luogo pioverà tra un mese. Perché il nostro amato mondo è cinico e baro e non risponde ai criteri deterministici per cui 2+ 2 farebbe sempre 4. «Al contrario viviamo in un mondo irregolare e complesso dove piccole differenze iniziali fanno crescere l'errore in maniera estremamente veloce. E poiché i tempi della meteorologia sono brevi è possibile percepire con più chiarezza l'effetto del caos», chiosa Angelo Vulpiani. Così è e così sarà. Non ci possiamo aspettare la precisione. Nonostante un aumento di dati e di potenza dei calcoli, un sistema caotico come quello dell'atmosfera non permetterà mai di fare previsioni certe. Anche se diventeremo più bravi, una previsione resterà comunque una previsione, cioè, conterrà sempre dei margini di incertezza. Parola di scienziati e meteorologi. Allora mettiamoci pure l'anima in pace e facciamo come gli inglesi: quando è nuvoloso portiamo l'ombrello.