Il Museo lapidario urbinate, costruito da Federico da Montefeltro e dedicato al Pontefice Benedetto XIV, ospita materiali collezionati nella seconda metà del Seicento dall'archeologo Raffaele Fabretti e dal cardinale Stoppani nel 1755-1756, anno della sua inaugurazione.

La collezione del Fabretti, riprodotta per la maggior parte in disegni e costituita da bolli laterizi, lastre metalliche, pesi, tessere, amuleti e gemme, sigilli, tondi vitrei dipinti e lamine da tubi di piombo, restò intatta solo per pochi anni. Alla morte dello studioso si assistette allo smembramento dei materiali che, dopo essere passati al nipote Gaspare, furono divisi successivamente fra i suoi nove figli, suoi eredi.

Lo Stoppani, Legato della provincia urbinate dal 1747 al 1756, comprendendo l’importanza della raccolta di antichità del Fabretti, recuperò grazie agli aiuti del Passeri, Antonio Rondoli, Alessandro Albani e del papa Clemente XI, circa 400 iscrizioni del fondo epigrafico fabrettiano, almeno 78 epigrafi sparse nel territorio della Legazione, iscrizioni e un frammento di sarcofago.

Il cardinale volle infatti costituire un Museo pubblico dove esporre l'intero nucleo delle iscrizioni dell’archeologo e fece ciò imitando quanto stava accadendo nei centri vicini: Fossombrone da parte del cardinale Domenico Passionei e a Pesaro a cura di Annibale Olivieri e di G. Battista Passeri. Lo stesso Passeri, ha avuto un ruolo determinante nella realizzazione dell’allestimento museale fatto proprio dallo Stoppani, il quale cercò innanzitutto di uniformare le soprallogge della struttura e incaricò l’architetto Buonamici di curare l’allestimento del Museo nelle soprallogge, nel cortile d'onore del Palazzo Ducale e di restaurare cippi, urnette e rilievi.

La raccolta e i gruppi di materiale esposto al di fuori degli specchi furono suddivisi in 22 specchi che seguono la seguente ripartizione in classi:

  • I. Christianae Graecae
  • II-V. Christianae Latina
  • VI. Symbola Christiana
  • VIII-VIII. Miscellanea
  • IX. Miscellaneae et epigrammata
  • X-XI. Sepulchrales parentum
  • XII. Sepulchrales libertorum
  • XIII. Sepulchrales coniugum
  • XIV. Sepulchrales agnatorum
  • XV-XVI. Sepulchrales
  • XVII. Sepulchrales coniugum
  • XVIII. Publicae et quae ad aedificia
  • XIX. Publicae et quae ad officia
  • XX. Imperiales et quae ad consolares
  • XXI. Publicae et quae ad militares
  • XXII. Inschriptiones sachrae et publicae.

Allo scopo di condivisione e fruizione per i visitatori dei singoli pezzi è stata compilata una tavola riassuntiva unita a una scheda contenente le informazioni sui vari specchi, un’analisi di alcuni dei monumenti in essi collocati e la fotografia di ciascuno specchio con il numero di ordine di ogni iscrizione.

L’intera raccolta fu schedata dallo studioso tedesco Bormann ma non tutte le epigrafi furono pubblicate poiché alcune iscrizioni opistografe avevano la faccia nascosta nella muratura. Luni descrive una situazione immutata che va dal 1775 al 1944 basandosi su un manoscritto di Michelangelo Dolci e su una breve descrizione del Grossi.

Quando Carlo Bo aveva preso servizio come docente di lingua e letteratura francese, nel 1944, si assistette ad una serie di modifiche: il trasferimento dell'intera collezione Stoppani in alcune sale al pianterreno e lo smontaggio di quel Museo dalle soprallogge del Palazzo Ducale. La nuova sistemazione aveva come obiettivo primario la creazione di un percorso uniforme e omogeneo nel pieno rispetto della primitiva unità della raccolta pubblica. Inoltre, si cercò di mantenere per ogni scultura ed epigrafe l'ordine che avevano sulle pareti di provenienza (fig. 02, 03). Il tentativo di riallestimento non fu facile data la mancanza di una completa documentazione fotografica e di foto dei singoli specchi nelle soprallogge, ad eccezione dei primi cinque relativi alle iscrizioni cristiane. Nonostante il ripristino dei 22 pannelli, non sempre si è riusciti a mantenere l’originale disposizione dei pezzi all'interno di tutti i riquadri, né tanto meno ricostruire i 22 pannelli per intero, data la perdita di alcune iscrizioni.

Nell’ottica di una futura conservazione e valorizzazioni dei materiali, numerose accortezze sono state messe in pratica quali: la realizzazione di un percorso anulare, considerato più funzionale per il visitatore; la rimozione di grappe metalliche nella muratura delle iscrizioni alle pareti; il fissaggio di pezzi a perni di ferro; l’uso di pannelli metallici a griglia; l’utilizzo corretto di didascalie per gli specchi e illuminazioni dall’alto e il montaggio delle lastre opistografe su un telaietto incernierato alla griglia per consentire la visione di entrambe le facce iscritte.

Tutt’oggi la collezione è costituita da 476 pezzi archeologici ed in particolare da 341 derivati dalla raccolta fabrettiana, da 122 reperiti dallo Stoppani e da almeno uno aggiunto dal cardinale Capelletti; dodici sono nel complesso le iscrizioni non autentiche, tra copie, falsi e restituzioni. La situazione nella quale versava il Museo urbinate è purtroppo la stessa nella quale versa tutt’ora. Lo stato di allestimento è fermo alle ultime modifiche sopra menzionate e con esso ne deriva la presenza di pannelli obsoleti privi di un percorso tematico che sappia coinvolgere con moderne tecnologie e strumenti digitali.

Riconoscendo le aree in cui il museo è carente, è possibile riflettere sulle risorse disponibili per far sì che esso rimanga un'istituzione affidabile per l'apprendimento. Esso, così come il resto dei musei, deve essere sfidato a capovolgere la sua prospettiva per riflettere il modo di comunicare con il pubblico con una serie di mostre, programmazione, pubblicazioni, coinvolgimento digitale e personale. L'obiettivo è coinvolgere ed essere in grado di moltiplicare il numero di persone che visitano fisicamente il museo attraverso una presenza anche online.

I futuri sviluppi, infatti, vedono un ruolo sempre più strategico del digitale, progetti visitor-centred, centrati sull’empatia con il visitatore e sul lavoro di gruppo intersettoriale. È prioritario il proseguimento del lavoro di digitalizzazione del patrimonio e restituzione online (valorizzando le collezioni attraverso storytelling), l'ottimizzazione delle risorse e dei processi gestionali con il contributo di figure professionali con competenze scientifiche.

Lo storytelling museale può rappresentare un primo passo di cambiamento e modernizzazione verso un approccio tecnologico nell’ottica di un ideale museo urbinate 4.0.