Che Michelangelo fosse uno degli scultori più bravi al mondo, lo sappiamo tutti. Sappiamo anche che era uno dei più bravi nella scelta della materia prima, ovvero del marmo. Nel 1517 esplorò per la prima volta la Versilia e i vasti giacimenti di marmo statuario che si celano ancora oggi sotto il Monte Altissimo, avviando la costruzione di una strada che portò fino a Firenze per fornire gli enormi cantieri di Papa Leone X. L’impresa non andò a buon fine ma dette inizio all’esplorazione del territorio, fino a quando, nel 1821, Jean Baptiste Alexandre Henraux e Marco Borrini costituirono la Henraux S.p.A., una società per lo sfruttamento delle cave del Monte Altissimo .

Con l’apertura di numerose cave e un aumento considerevole dell’occupazione, i pregiati statuari del Monte Altissimo erano conosciuti ed elogiati dai più noti scultori del mondo e la società ha unito al proprio nome opere grandiose quali, a titolo di esempio, la cattedrale di Sant’Isacco a San Pietroburgo, l’abbazia di Montecassino, il pavimento policromo di San Pietro in Vaticano e l’ampliamento della grande moschea alla Mecca.

Il decollo avviene nel 1956 quando l’artista inglese Henri Moore realizza nei suoi laboratori un’opera monumentale per la sede dell’Unesco a Parigi, aprendo così un periodo glorioso per la Società che divenne punto di riferimento per i maestri più noti e celebrati in ambito mondiale, come lo stesso Moore, Arp, Adam, Mirò, Noguchi e molti altri ancora.

Tre anni fa, nell’aprile 2014, l’azienda costituisce la Fondazione Henraux “per la valorizzazione e lo sviluppo del comprensorio del marmo apuo-versiliese” con la volontà di rilanciare decisamente la scultura e la lavorazione artistica del marmo. Nell’atelier dell’azienda lavorano oggi artisti internazionali come Giovanni Maria Manganelli, Renzo Maggi, Giovanni Balderi, Craig Copeland, Gustavo Vélez, Venske & Spänle e molti altri artisti emergenti e già affermati. Inoltre, con la collaborazione degli artigiani dell’azienda, vengono realizzate le opere di Tony Cragg, di Betony Vernon, Mimmo Paladino, Fabio Viale, di Park Eun Sun, di Rabarama e altri.

Con l’istituzione del “Premio di Scultura Henraux”, in memoria di Erminio Cidonio e riservato ai giovani artisti, la Fondazione offre oggi l’unico premio di scultura di marmo nel mondo. Alla sua seconda edizione (2014) hanno partecipato ben 68 artisti internazionali e in base alle loro proposte ne sono stati selezionati e invitati 4 (Filippo Ciavoli, Mikayel Ohanjanyan, Francesca Pasquali e Massimiliano Pelletti) a realizzare i loro progetti nei stessi laboratori dell’azienda.

Il risultato sono quattro sculture di marmo statuario, una più diversa dall’altra, ma unite da una visione futuristica e contemporanea del materiale, del territorio e del concetto di scultura in sé. Si parte da Materialità dell’invisibile di Mikayel Ohanjanyan, vincitore del premio. Un grande cubo di marmo raffigura quattro tagli e uno spazio vuoto, come se il blocco fosse stato inciso e manipolato con la leggerezza di un coltello giapponese su una tela. La scultura, che interpreta lo spazio negativo di un progetto precedente, intende materializzare l’invisibile e gareggiare con la rigidità del marmo. Meno minimale e più giocosa è Frappa di Francesca Pasquali in cui le fasce di marmo insinuano un labirinto sensuale, rigido per il materiale ma voluttuoso per le sue forme. Ed è proprio il contrasto tra la materia dura, l’effetto carnale e la tridimensionalità del lavoro che spinge l’opera a un livello più alto rispetto al tradizionale bassorilievo e l’idea d’immobilità.

I dualismi “mare-monti’ e “manualità-evoluzione tecnologica” sono stati interpretati da Filippo Ciavoli con l’opera Corallo, un intreccio di mani che si abbracciano, s’intrecciano e che creano un insieme dinamico e volumetrico, offrendo allo spettatore un gioco visivo che cambia in base all’angolazione d’osservazione. La scultura, che quasi obbliga a una visione a 360 gradi, rileva così anche la sua indipendenza da concetti critici d’installazione, staticità e visione unilaterale.

Sempre con riferimento alla natura si pone Back To Basic di Massimiliano Pelletti. Dal suo interrogativo "La natura basta a se stessa, oppure ha bisogno di un autore?" si sviluppa la sua scultura, che raffigura una grande testa di matrice classica, crivellata e trattata con alcuni acidi al fine di riprodurre nell’opera segni di usura e deterioramento. Il riferimento al passato, alla morte e all’influenza incontrollabile di condizioni esterne fa parte del linguaggio artistico di Pelletti, che con quest’opera interroga inoltre la produzione artistica computerizzata e la posizione dell’uomo nei confronti della natura.

La Fondazione Henraux si è in questo modo aggiudicata una posizione da primario nell’ambito della promozione e sostegno della scultura di marmo contemporanea. Le opere del Premio sono state esposte alla Versiliana di Marina di Pietrasanta e andranno a far parte della collezione permanente della Fondazione.

www.fondazionehenraux.it