Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Alessandra Rovelli, Rivolta d'Adda (Cremona), 1976.

Dove finisce l’orizzonte? E questa strada asfaltata che sto percorrendo a piedi, o al volante di un’auto in completa – beata – solitudine, dove conduce? E il cielo, dove finisce il cielo? E il sole, quando tramonta, dove cade? Dove si immerge? Dove comincia il buio che lo inghiotte? E nella notte, chi accende tutte le stelle? E i lampioni che mi stanno a guardare mentre vago, o cammino adagio, o accelero, che occhi hanno? Mi guardano? Se mi guardano, cosa vedono? E dove cadono esattamente le loro luci? Il mondo, fuori di me, che cos’è? Dove comincia e dove sconfina?

E soprattutto, chi ne disegna i confini?

I confini e gli sconfinamenti sono disegni della nostra mente. Del nostro inconscio, del nostro sentire. Sono sentieri emozionali.

Alessandra Rovelli trasla percorsi interiori in percorsi paesaggistici. Scorci rurali o urbani. Una strada asfaltata, un brandello di tangenziale. Lampioni dardeggianti uniti da fili elettrici in scorci prospettici angolari, che inghiottono lo sguardo e trasportano l’osservatore in un nessun dove che è già in piena dissolvenza. In un misto tra fugace scatto digitale e leonardesca prospettiva de’ perdimenti, Alessandra Rovelli ci restituisce paesaggi di un’era post-industriale intrisi di lirismo, mancanti della presenza umana e proprio per questo, pervasi di lei. Perché tutto, nelle opere della Rovelli, è traccia. Tutto è traccia dell’umano sentire, tutto è memoria, tutto è presenza. La natura arredata dal progresso è metafora delle umane relazioni. Lampioni, alberi, pali della corrente sono allegorie dell’umano. Allegorie di relazioni o solitudini. Allegorie di solitudini nelle relazioni. Allegorie delle dinamiche interpersonali. Perché la vita non è altro che un intreccio di percorsi. E perché, infondo, ciascuno di noi è chiamato a conoscere pienamente se stesso attraversandosi in completa solitudine.

La pittura di Alessandra Rovelli ha dentro l’eco grumoso delle pezzature di Cezanne ai tempi della Casa dell’Impiccato, ma ha dentro anche la gestualità del Turner dell’incendio della Camera dei Lord, o gli scorci guizzanti di Pissarro. La materia pittorica, preparata con pigmenti e agglutinanti in studio, costruisce volumi, moltiplica distanze, genera fughe.

Alessandra Rovelli dipinge su scatole. Il supporto non è mai vergine, ma ha già una sua storia, una sua particolare memoria. Viene da un altrove che non ci è dato sapere, e contiene messaggi che non ci è dato leggere, ma che sono legati da una aurea continuità con l’immagine che osserviamo dipinta sul verso. Alessandra ha molta cura delle sue opere. Scrive all’interno di queste scatole, frasi o versi che verosimilmente non leggeremo mai. Segreti che non sapremo ma che finiscono per appartenerci se quel dipinto diventa nostro. Come scrigni materici, luoghi che contengono luoghi, le life-box di Alessandra Rovelli ci donano una storia della quale conosciamo la sua perfetta metà, e questo senso di mistero amplifica il fascino della sua ricerca.

Lirica, introspettiva, emozionale.

Alessandra Rovelli vive e lavora a Rivolta D’Adda. E questa è la sua Voce Creativa per voi.

Chi sei?

Una persona innamorata della vita che non può fare a meno di esprimersi attraverso l'arte.

Se non fossi una pittrice?

Amo da sempre il mondo della psicologia, chissà magari avrei trovato la realizzazione in questo campo.

Dove finisce l’orizzonte?

Negli occhi e nel cuore di chi lo guarda.

I luoghi che dipingi sono reali?

Il più delle volte prendo spunto da paesaggi reali che ho visto in fotografia o di persona, altre volte invece sono immaginari.

Quale cielo ha la solitudine?

Non utilizzo un cielo particolare per raccontare la solitudine, ogni quadro però racchiude al suo interno uno stato d'animo e la solitudine può essere uno di quelli.

E l’amore?

Nel mio lavoro l'amore è più presente di quanto si possa immaginare...

Cosa nascondono le tue Life Box?

Le mie Life Box sono scatole che racchiudono storie di vita. La costante nella mia pittura è la rappresentazione del paesaggio al quale attribuisco un significato simbolico (la strada diventa il percorso della vita, le case possono raccontare di persone, i lampioni di esperienze ecc.). Anche la scelta di dipingere paesaggi su scatole di cartone ha un significato simbolico: ciò che è dipinto all'esterno in realtà prosegue idealmente all'interno dell'opera, viene in essa custodito e protetto. La scatola è quindi una sorta di rappresentazione del contenitore interno che tutti possono avere, nel quale riporre ricordi, sogni, paure, esperienze...

Da dove nasce la tua ricerca?

La mia ricerca è improntata sull'introspezione, sull'osservazione dei rapporti umani, sugli stati d'animo, sui sentimenti... tutto ciò che fa parte della vita!

Nelle tue opere l’uomo è assente, eppure se ne percepisce fortemente la presenza. Dove siamo, quando siamo nei tuoi paesaggi, siamo forse noi l’uomo che li attraversa?

È vero, l'uomo è fisicamente assente in tutti i miei lavori, ne è però quasi sempre protagonista: lo ritroviamo spesso negli elementi verticali delle storie che racconto, negli stati d'animo che rappresento attraverso i colori... L'uomo è parte integrante dell'opera, perché questa esiste negli occhi di chi la guarda e quasi sempre trova dentro qualcosa di sé.

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?

La memoria per me è una parte estremamente preziosa del processo creativo. Alcune Life Box sono delle vere e proprie “scatole di ricordi” sulle quali dipingo l'esperienza che ho vissuto e inserisco sempre al loro interno un biglietto con una frase che ne completa il significato.

È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?

Molte delle mie opere sono estremamente autobiografiche, nate dall'elaborazione di esperienze vissute, sia positive che dolorose e proprio da queste sono nate opere molto intense e importanti.

Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

In generale non amo fare distinzioni tra i sessi. Mi pare, però, che la sensibilità femminile possa rappresentare un valore aggiunto da poter sfruttare nel processo creativo e trovo che il crescente numero di artiste e galleriste donne ne sia la conferma.

Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?

Lost & Found – La storia di una coppia. È un'opera che segna per me un nuovo modo di lavorare: solitamente la creazione di un quadro è istintiva e nasce dall'emozione provata di fronte a un'immagine che mi cattura. In quest'opera invece son partita dal progetto e ho deciso di articolarla in quattro Life Box: Il buio, È finita?, Ritrovarsi e Stabilità. Ognuna studiata per raccontare le diverse fasi che può attraversare una coppia in crisi ma che riesce a trovare il coraggio di rimettersi in discussione. È con quest'opera che ho vinto il Premio Arts in Rome.

A ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

Non ho letture specifiche alle quali ispirarmi, mi piace però dipingere i luoghi che ho letto tra le pagine dei romanzi. Ho un debole per le biografie, specialmente quelle di artisti. Mi incuriosisce conoscere il vissuto della persona per comprenderne appieno l'espressione artistica.

Scegli 3 delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.

1) Il Protagonista, 2018. Un lampione squarcia il buio della notte come un'esperienza o una persona possono portare luce nella situazione più buia. Dipingo spesso i notturni e di quest'opera ne sono innamorata.

2) Custode di ricordi, 2019. L'Arno a Firenze, visto come testimone di tanta bellezza che nei suoi occhi si specchia da sempre.

3) Live Your Life, 2019 (dedicato a mia figlia). Vuole essere un augurio per ogni adolescente che si affaccia alla vita o più semplicemente un incoraggiamento a ricercare la propria strada. Il ragazzo o la ragazza affronterà questo percorso sapendo che non sarà solo ma potrà contare sulla presenza rassicurante dei genitori che in questo quadro sono rappresentati dai pali dei fili elettrici che affiancano la strada. Quest'ultima, proprio perché è a curve, non si sa dove li porterà ma di sicuro arriverà lontano.

L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?

Potrei pensare questa frase davanti a ogni opera d'arte che mi fa scendere le lacrime dall'emozione.

Un o una artista che avresti voluto esser tu.

Impossibile sceglierne uno o una ... mi ritengo già molto fortunata a potermi esprimere attraverso la pittura!

Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?

Sin dai primissimi anni della mia attività artistica ho sempre sognato di poter lavorare con Alessandra Redaelli che stimo molto. Non posso che essere felicissima di aver realizzato questo desiderio.

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.

Complicato può bastare?

In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?

Una persona creativa non può fare a meno di esserlo in ogni cosa che fa. A me piace molto cucinare, soprattutto dolci, ma il tempo a disposizione è sempre troppo poco.

Work in progress e progetti per il futuro?

Da qualche mese ho iniziato una collaborazione con la Galleria Les Arètes. È una nuova realtà vivace e dinamica nel mondo delle gallerie italiane proiettate verso l'estero e stiamo definendo i progetti futuri. Come vincitrice del Premio Arts in Rome mi aspetterà il Museo Etrusco a Villa Giulia a Roma. Sarà infatti inaugurata il 26 ottobre la mostra Corrispondenze che mi vedrà esporre a fianco dei grandi artisti della pittura contemporanea italiana e ne sono molto onorata. Inoltre a settembre ho in programma la partecipazione a una mostra collettiva presso la galleria Anisé di Bergamo.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore?

Chi si pone dei confini non è più capace di vedere gli orizzonti.