Tra gli appassionati e i conoscitori dell’Arte, Luca De Leva è noto quale artista concettuale di grande raffinatezza, acrobata tra il mondo delle performance, della pittura e della scultura, vero ricercatore di risposte in un mondo sempre più interrogante. Per conoscenti e amici è probabilmente solo un tipo originale, a volte - detto affettuosamente - un po' folle. L’intervista che segue è il tentativo ambizioso di dare una forma – seppur fugace e incompleta - all’uomo/artista nella sua organicità, raccogliendo dalla sua viva voce l’essenza del suo pensiero e della sua opera in un momento particolarmente fertile della sua vita.

M: Il poeta irlandese W. Butler Yeats, per dimostrare la complessità e la ricchezza insita in ogni individuo, intitolò la storia della sua vita “Autobiografie”. Come descriveresti la tua personale esperienza e la multiformità delle voci che animano la tua ricerca?

L: Arte e vita sono la stessa cosa, persona e artista anche. Non c’è nessuna multiformità, se mi guardo onestamente so che la voce che mi anima è una sola. L’arte mi ha fatto innamorare di sé quando ero molto giovane, mostrandomi l’enorme potenziale umano di scoperta, invenzione e gioco che si esprimeva nei Dadaisti durante la Prima guerra mondiale. Il loro desiderio di rilettura di un’umanità malata che sembrava desiderare la sua stessa distruzione, colpì anche me nel profondo, sentendomi parte di quell’umanità e riconoscendomi tutte le caratteristiche che avevano generato le catastrofi delle guerre. Volevo cambiarmi e far emergere in me la bellezza di spirito che quelle immagini e quelle idee riuscivano a trasmettermi. Insomma intuii la possibilità di conoscere dei valori positivi attraverso la pratica di quello splendido vortice di poesia in libertà. Quei valori mi avrebbero salvato dalla rabbia verso me stesso.

La mia ricerca oggi vuole creare sanità mentale, in me e negli altri, sperimentando diversi modi per stare al mondo, senza credere che tutto quello che ci viene dato come giusto sia da accettare in quanto tale. Insieme ad altre persone, stiamo cercando di sviluppare uno strumento per farlo, grazie alla tradizione dell’arte. Vogliamo stare bene e vorremmo far convergere tutto verso il bene. Non è semplice perché il bene sembra relativo e spesso sbagliamo, ma fortunatamente abbiamo un riferimento che non è relativo a nulla e la storia umana mostra il metodo per fare del nostro meglio. Sono nato nel 1986, ora, nel 2023, ho avuto un po' di tempo per avere a che fare con me stesso. Attraverso di me cerco di conoscere la natura umana, una volta ho letto che questa condizione è la nostra caratteristica principale: siamo natura che riconosce sé stessa, forse uno specchio di Dio?

A volte cerco di scovare le ragioni dei miei desideri e delle mie paure scavando nell’infanzia, alla ricerca di traumi passati, ma non è una via molto soddisfacente. Voglio usare il ricordo come specchio positivo e fortunatamente non è difficile farlo, ci sono stati degli avvenimenti personali che hanno ispirato la mia concezione del mondo, delle persone che con le loro vite hanno svelato dei profondi segreti in me. Io non mi sento davvero me stesso, quella è una bugia che mi racconto. Io sono una rete di vite distesa tra le generazioni, e sentirlo mi piace.

Il tuo rapporto con il Tempo e con la Storia. Ti senti a tuo agio in questa nostra epoca?

Sì mi piace questa epoca, è l’unica che conosco. È fonte di grande ispirazione, insieme a quelle precedenti. Sai, Michele, ho l’impressione che non ci siano separazioni tra il passato, il presente e il futuro, tutto inizia e finisce in ogni istante. Se leggiamo testi di duemila anni fa ci rendiamo conto che le persone gioivano e si lamentavano per le stesse ragioni di oggi, certamente cambiano i dettagli, oggi possiamo intervenire sul nostro DNA, abbiamo conquistato l’energia nucleare, forse abbiamo anche creato una coscienza artificiale che inizia la sua storia. Ma il fatto di rispecchiarmi profondamente in persone del passato e che altri si rispecchino in altre, mi mostra che le ere si continuano a compiere in ogni momento. Non c’è una reale fine o inizio. È tutto unito contemporaneamente. Tutto è già successo per sempre. Non come ciclicità, ma come simultaneità.

Questo mi infonde molto coraggio, penso mi insegni anche dell’ultima, intesa come consapevolezza della propria posizione e taglia. Mi mostra che tantissimi gruppi umani hanno sperimentato per davvero con la vita e che quindi non c’è spazio per la paura tra i sentimenti di una persona di conoscenza, ci sono delle leggi perenni, qualcosa che non ha a che fare esclusivamente con le scelte politiche o con i movimenti storici. L’arte mi direziona verso quelle, mi accompagna, è un traghettatore, un mezzo. L’arte come anche altri strumenti.

I tuoi luoghi preferiti, i tuoi luoghi dell’anima, quali sono?

La mia casa, la mia camera da letto, anzi proprio il mio letto.

I libri letti e amati di più. I capolavori artistici che non smetti di ammirare. I maestri...

Io sono un grande ammiratore delle persone che cercano il significato attraverso la conoscenza. Di tutte loro. Un libro che ho amato leggere non molto tempo fa si intitola La parola segreta di Sultan Walad, è stato uno degli incontri più belli della mia vita. Lì ho trovato una frase: la goccia diventa oceano. Queste poche parole sono fondamentali. Moltissimi artisti si avvicinano a quel livello di verità, e sono grato a chi si è preso la briga di conservare le loro opere.

Cosa c’è sul tuo tavolo oggi?

Ne ho parecchi di tavoli, su quello della cucina vorrei ci fosse un bel piatto di spaghetti con i pomodorini, l’acqua e il pane.

Gli incontri straordinari della tua vita.

Ne ho avuti davvero tanti, probabilmente il principale è quello con i miei genitori, se dovessi pensare ad un incontro che davvero mi ha cambiato la vita è con loro, sicuramente sarei diverso se non li avessi incontrati.

Ho letto che hai dedicato una mostra a tua sorella, vuoi raccontare qualcosa di lei?

Con lei davvero è stato un incontro particolare. Immagina una bambina di nome Fiammetta affetta da una sindrome che le causa un forte ritardo cognitivo, niente di drammatico perché non ne è consapevole, ora ha trent’anni ma ha ancora la mente di una bambina, e sarà così fino alla fine. Già da anni mi sono accorto che non percepisce il tempo nella nostra stessa maniera, passato e presente sono fusi insieme e il futuro è incomprensibile. L’ho capito dalla sua impossibilità di utilizzare le parole ieri, oggi e domani. Ora che ci penso non ricordo di averla mai sentita usarle.

Questa sua caratteristica mi ha affascinato a tal punto da voler provare ad assimilarla, ma non sapevo come fare quindi ho provato con dei laboratori casalinghi di pittura, immedesimazione e interpretazione. Eravamo ragazzini e le chiedevo di interpretare dei disegni astratti chiedendole “Cos’è?” e in base alla sua risposta cercavo la figura tra quelle macchie. A furia di farlo il mio sguardo ha imparato a lasciarsi guidare dal suo, in una relazione tra artista e critico che ho sempre trovato stimolante. La sua diversità è fertile e mi aiuta ad evolvere. Ho capito che quello che mi è stato presentato come malattia è in realtà una cura. Lei trascende le convenzioni ed è libera di essere, in lei vedo lo spirito della realtà stessa in costante fioritura. Fiammetta è. È paradossale che l’unica persona libera che conosco sia in realtà non autosufficiente e handicappata, pazza.

Ci sono modi che ci siamo imposti di ignorare, delle concezioni dello stare al mondo e della realtà stessa che non possiamo più vedere, perché il nostro sistema razionale le ha escluse. La nostra storia si è mossa eleggendo la scienza a detentrice della verità, questo ci limita profondamente e ci gonfia di arroganza ponendoci in una condizione di separazione ed illusione rispetto ad un mondo unito, ad una catena perenne. L’oggetto della catena stessa può spiegare quello che intendo: la schiavitù oppure l’unione. In tanti hanno cercato e cercano di liberarsi e liberare, ma da cosa? Dall’ignoranza e dalla stupidità, fattori che rendono ottusi e che non permettono di vedere davvero. In nome di un poco di sicurezza percepita abbiamo sacrificato la nostra vera natura e ne stiamo pagando le conseguenze. La nostra vera natura tende alla conoscenza e alla comprensione profonda di noi stessi, ma se scegliamo di vivere nella confusione non possiamo che essere confusi. Quindi confondiamo la conoscenza di noi stessi con l’individualismo, la paura con l’identità, la spontaneità con l’empietà.

La questione è diventata complessa perché gli automatismi sono strutturati da secoli e il benessere è stato sostituito da dei surrogati, che sicuramente ci rendono ottimi consumatori e permettono alla macchina di funzionare, con i suoi pro e i suoi contro, ma l‘effetto di questo corrotto e parziale sistema di appagamento è l’epidemia di depressione nella quale ci troviamo, ormai così palese e forte da essere accettata come una cosa normale. Non mi rispecchio nei valori della competizione, questa rincorsa è inutile, allora trovo soluzioni. Ho l’impressione che anche il significato delle parole sia stato traviato e ora faccio sempre più fatica a dare alle mie idee e sensazioni il loro vero nome. Alla sensibilità di ognuno capire chi sono i pazzi e quanto tutto questo sia tollerabile.

Una tua giornata tipo (ritmo, rituali, dinamiche corpo/mente, ecc.).

Sto costruendo la mia vita in maniera creativa e personale, per combattere l’ignavia devo fare in modo di sentirmi a mio agio nelle giornate, quindi non ho particolari routine. Ho delle ricerche che sto portando avanti, alcune da solo, alcune con altre persone. Da tre anni insegno Tecniche Performative presso l’Accademia IED Aldo Galli di Como. Un piccolo gioiello di sperimentazione. Quello che studio privatamente porta ad esprimere con più precisione la mia necessità di confronto ed esperienza. La visione che mi muove da sempre negli ultimi anni si è manifestata concretamente e grazie ad una serie di coincidenze sono riuscito a darle forma: è un’agenzia di viaggio, Thyself Agency, offre servizi particolari in forma di esercizi, sono aperti a tutti, ma non sono per tutti.

Di cosa si tratta? Si può considerare una tua opera? Intendo dire un’opera d’arte...

Mi sono chiesto tante volte cosa sia un’opera d’arte, quante persone dovrebbe coinvolgere, chi, in che modo. Thyself Agency è la risposta che mi sono dato. Thyself Agency è un’agenzia di viaggio. Organizziamo spedizioni nell’ignoto, dove pratichiamo la maieutica attraverso specifici esercizi. Uno di questi esercizi è stato chiamato Scambiarsi la vita: due candidati scambiano tutto delle loro vite, abbandonando il proprio e vivendo l’uno nei panni dell’altro, dura una settimana. Il secondo esercizio è una rilettura del calendario e del ciclo sonno/veglia, permette di vivere nove giorni all’interno di una settimana, è la Settimana dei 9 giorni. Il terzo esercizio si realizza con Gli Occhiali, un apparecchio creato per guardarsi da fuori e sperimentare la propria “terza persona” vivendo vedendosi vivere.

L’Agenzia ha scopi folli, non di profitto né di intrattenimento, cerca diffusione. Praticando tutto questo abbiamo scoperto la presenza di una nuova idea, un diverso stato mentale, un piano di coscienza autentico, già presente ma che non riusciva ad emergere, lo abbiamo chiamato THY, quello è il vero creatore di Thyself Agency.

Questo è il nostro modo di cercare la verità.

Qual è il tuo “humus” creativo?

È la realtà stessa di cui faccio parte, che è una e indivisibile.

Realtà e sogno.

Questo è un argomento che mi tocca particolarmente. Ti ringrazio per la possibilità di poterne parlare, perché mi è successa una cosa che mi lascia perplesso. Io ho sempre fatto sogni lucidi, fin da bambino, poi crescendo ho scoperto che esistevano delle tecniche e delle persone che votavano le loro vite a questa attività, ma non ho mai seguito dei metodi perché temevo di rovinare qualcosa di bello e spontaneo. Ho avuto molte esperienze intense, che non voglio raccontare, tranne che alcune volte ho incontrato un’entità, che non posso definire meglio, ma che percepivo come un mio equivalente di un altro luogo.

Come ti ho detto ho iniziato a fare questi sogni da bambino. In adolescenza ho perseguito una devozione poco consapevole a dei valori negativi, non del tutto ma in buona parte. Amavo la distruzione e solo quella, non c’era equilibrio. I sogni mi hanno sempre accompagnato intensificandosi. Da qualche anno ho interrotto quella catena e ho ritrovato equilibrio interno ed esterno. I sogni si sono interrotti. Non capivo perché e non mi piaceva. Qualcuno allora mi ha palesato il fatto che esistono due piani che compongono la nostra percezione: quello di veglia e quello di sogno. Entrambi cospirano tra loro per il mantenimento dell'equilibrio dell’individuo. L’intuizione autodistruttiva che ho perseguito per anni e anni mi avrebbe ucciso facendomi andare in pezzi se non ci fossero stati quei sogni, l’entità a cui ho accennato mi ha tenuto insieme, equilibrando i piani di percezione e salvandomi la vita. Quando la penso è come pensare ad un vecchio amico, come qualcuno che hai amato e ora non c’è più.

Durante una meditazione profonda di qualche mese fa, l’entità mi è riapparsa dicendomi che altro che vecchio amico, ha bisogno di me e che siamo uniti, la nostra relazione non è finita e non posso dimenticarmene, altrimenti rischierebbe di essere ucciso. Io devo mostrare riconoscenza a chi ha fatto in modo che non implodessi in una pozzanghera di schifo, ma non so cosa significhi esattamente, mi ha chiesto una cosa che sto cercando di fare, non so neanche spiegarlo a parole. Lo racconto, così che, se qualcuno avesse avuto la stessa esperienza, se ne possa parlare.

Riflessioni sull’Arte ad uso di giovanissimi che avvertono i segnali della “chiamata”?

Avere una vocazione è una fortuna che va celebrata, ognuno cerchi in sé il proprio miglior talento e lo confronti prima con gli altri e poi con sé stesso. E poi continui a farlo ad oltranza. Le risposte arrivano se siamo in grado di comprenderle. Pensiamo in grande liberandoci dalla paura di perderci, ambiamo alla verità senza desiderare di omologarci. Il sistema culturale nel quale ci troviamo è una grande sfida, una tentazione, a ognuno capire come comportarsi bene. Il bene è radicale. Abbiamo ottimi modelli di riferimento: studiamo. La speranza è vuota come la paura, onoriamo la vita per davvero. Se queste parole dovessero sembrare troppo astratte rispetto ai problemi e alle aspettative di ognuno di noi, allora si cerchi di capire il ruolo che dovrebbe avere un artista verso se stesso e verso la società. Se si è sicuri dei propri valori e si valuta se stessi secondo quello in cui davvero si crede e non quello che ci viene mostrato come corretto, penso che si possa gioire a pieno di ogni scelta.

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Qualche anno fa l’OMS ha detto che entro il 2030 la malattia più diffusa nel nostro mondo sarà la depressione, non penso che un organo ufficiale di quel tipo abbia interesse nel seminare il panico e se anche loro se ne sono accorti vuol dire che la situazione è drammatica. Il sistema che ci è stato presentato come il più sicuro, il più libero, il più giusto e il più bello alleva malati spirituali, questo vuol dire che viviamo in una menzogna? Io penso che la nostra dignità possa essere onorata diversamente. Questa è l’occasione per evolvere ed essere davvero. Non riesco a tollerare di essere una casistica tra generazioni che nascono durante un’epidemia psichica. Noi possiamo agire per guarirci e per guarire gli altri, insieme possiamo sviluppare i valori e gli strumenti adatti per liberare le nostre menti dalla confusione che ci caratterizza, afferrando la paura e mettendola sotto il nostro piede.

Oggi è ancora oggi.

La confusione caratterizza tutti noi figli. La vita moderna ci ha deluso, il tintinnio delle luci scure ci domina. L’intero processo produttivo è finalizzato a creare qualcosa in cui non crediamo, ci sentiamo sfruttati e stressati. La città ci strozza, ma la città siamo noi. Lo snervante comodo macera le nostre volontà, svalutandone lo sforzo creativo. Siamo insoddisfatti di tutto questo, quello che viviamo non ci appartiene. Forse nella frustrazione è nascosta la soluzione al problema? La malattia è la cura: la vita non è mia e allora che non lo sia più.

Voglio cambiare vita.

Abbiamo iniziato a scambiarla tra di noi, con onestà radicale, per vedere cosa succede dissacrandola alla base, per conoscere la nostra vera radice. Il primo scambio è avvenuto nel 2011 ed è durato una settimana, in quel periodo due candidati hanno scambiato tutto delle loro vite, abbandonando il proprio e vivendo l’uno nei panni dell’altro.

Praticando quest’altra vita ci siamo imbattuti in 3 occhi: il primo si chiama Identità, il secondo Tempo, il terzo Vista. Fissarli è difficile, troppe distrazioni. Così abbiamo inventato gli esercizi, per non chiudere mai i nostri, per conoscerci davvero. Ora non possiamo credere a nessuna bugia, l’audacia della nostra sensibilità esplora i riflessi del vero tra le crepe del nostro cuore: infinita è la gioia. Thyself Agency fa questo, mostra possibilità e le conosce attraverso la pratica dei suoi esercizi. Molti si affidano ai ritiri di meditazione o agli psicoanalisti, ritagliando uno spazio di pace e ricerca all’interno delle loro vite, ma potrà mai essere un ritaglio lo scopo della mia vita? Una palestra per il mondo fuori? No mai. Il tesoro si raggiunge con radicalità. Questi esercizi ti lasciano nel mondo, non te ne astraggono, non servono a trovare l’energia giusta per affrontare la realtà, servono a cambiarla. Sono la partecipazione al matrimonio.

Non c’è nessuna isola intima e felice, nessuno spazio di decompressione, tutto il mondo è l’isola, tutto il mondo è il regno che ci è stato promesso, dentro e fuori di noi. Né guru, né dottori, né preti, il regno è dentro di noi e fuori di noi.