Per i greci antichi, il corpo rappresentava un simbolo di perfezione, da raggiungere e mantenere. Pensiamo al Canone di Policleto con il quale si stabilivano veri e propri rapporti matematici tra le parti del corpo da rispettare per avere una struttura armoniosa e esteticamente bella. Il cibo era considerato un mezzo importante per il mantenimento della struttura corporea, pertanto doveva essere equilibrato e sano.

Per i romani invece il cibo era simbolo di ricchezza e benessere sociale, ricordiamo ad esempio i baccanali e le cene di durata infinita, con i commensali distesi sui triclini, le raffigurazioni pittoriche o a mosaico degli “xenia”, doni per gli ospiti, attraverso i quali si prospettava cibo in quantità a chi entrava nelle case. E' chiaro che con queste usanze alimentari i pranzi interminabili erano impossibili da sostenere, perciò periodicamente lo stomaco andava svuotato per permettere la continua ingestione di cibo, e ciò avveniva con la stimolazione meccanica del vomito. I barbari invece dimostravano con l'opulenza e obesità del corpo la loro potenza sui popoli poveri e inermi. Fino ad arrivare al Medioevo, dove i corpi anoressici e mortificati dalla scarsità di cibo erano considerati purificati dalle nefandezze del mondo corrotto e dannato.

Come si può comprendere, certi atteggiamenti sociali ricordano costantemente quel rapporto di dipendenza e odio/amore verso il cibo, comunque retaggio dell'antico senso di colpa per aver addentato la mela proibita. E' come se nel cibo riversassimo i nostri problemi, paure, psicosi e disagi, e quindi esso diventa il responsabile del nostro stare bene o male. Ippocrate scriveva: “Fa' che il tuo cibo sia la tua medicina e la tua medicina sia il tuo cibo”. Ma adesso, perché il cibo è spesso, anziché medicina del corpo, il responsabile di tante manifestazioni di patologie da intolleranza? Cosa è cambiato nel cibo? Cosa è cambiato in noi? Qual è la causa?

L'ipotesi che collega il rifiuto di un cibo da parte dell'organismo a emozioni e disagi di natura psicologica trova il suo fondamento scientifico nella Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia. La PNEI è una disciplina che si occupa delle relazioni fra il funzionamento del sistema nervoso, del sistema immunitario e di quello endocrino. La sua nascita si basa sui lavori degli anni '30 di Hans Selye riguardo allo stress. Avete mai notato che in condizioni di ansia o stress psicofisico il più delle volte si “chiude” lo stomaco? Che non si avverte il bisogno di mangiare? Oppure che il nervosismo porta a ingerire continuamente cibo? E' un po' come se il nostro corpo si ribellasse alle pressioni esterne creando situazioni psicologiche alterate che ripercuotendosi sul sistema endocrino provochino il rilascio di ormoni ch,e ad esempio, non trovando feedback dall'acquietamento psichico, esigono una risposta chimica di tipo alimentare e portano quindi come esito ultimo al consumo di dolci e cioccolato. Così come potrebbe crearsi un disagio a convivere col proprio corpo in sovrappeso che porta alla ricerca di una forma fisica adeguata attraverso l'eliminazione inconsapevole, dettata da processi psico-endocrino-immunologici, di ciò che fa ingrassare, ad esempio il pane, attraverso una spontanea e involontaria reazione di intolleranza al glutine, o al lattosio, o a una nuova serie di polisaccaridi che sembrano responsabili di manifestazioni di intolleranza.

Riflettiamo sull'intolleranza al glutine o alla mancanza dell'enzima transglutamilasi, che impedisce il metabolismo del glutine stesso ed è responsabile della celiachia (patologie diverse). Negli ultimi sessant’anni l’incidenza della celiachia è più che quadruplicata ed è aumentata dagli anni settanta fino ad oggi, in modo quasi parallelo al cambiamento di dieta, cioè alla diminuita assunzione di carne e grassi saturi per evitare possibili danni da colesterolo a livello cardiaco e per la prevenzione dei carcinomi del tratto gastrointestinale. Da allora, è stato un crescendo di convinzioni che frumento, orzo, segale e kamut facciano male e di conseguenza il consumo del grano è diminuito. Il grano, da sempre è la principale fonte di alimentazione nel mondo. Nel 2013 ne sono stati raccolti 728 milioni di tonnellate, circa cento chili per ogni abitante della terra. Come è possibile quindi che il glutine, presente in tutti gli alimenti di base con cui l’uomo si nutre da migliaia di anni, sia improvvisamente diventato così pericoloso e tossico?

A causa delle attuali condizioni di vita, (cambiamenti climatici, nuovi parassiti e patologie, diminuzione dell'approvvigionamento idrico, ... ) il grano che usiamo è il prodotto della ricerca genetica e per la maggior parte è OGM. E' quindi probabile che il nostro assetto genico, non essendosi modificato nel tempo, non sia in grado di produrre enzimi capaci di metabolizzare le nuove molecole frutto di alterazioni di laboratorio. I prodotti da forno di oggi, rispetto a quelli di un tempo, presentano una farina “bianca”, che contiene molto glutine e poche vitamine. Inoltre, la farina sbiancata è resa tale da processi chimici che comportano l’uso di sostanze come il perossido di acetone, il cloro e il perossido di benzoile. Oppure, a causa di nuove esigenze commerciali, attraverso le grandi catene di distribuzione, il pane e derivati vengono prodotti rapidamente senza attendere i processi di idratazione e fermentazione da parte dei lieviti dell'impasto e del necessario tempo affinché si formino i legami tra le molecole che poi costituiscono il glutine; inoltre i prodotti commerciali hanno bisogno di periodi di conservazione più lunghi e vengono perciò inseriti conservanti quali il glutine “vitale”, che rappresenta in sostanza un surplus di glutine.

Nel grano sono presenti anche altre sostanze: oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi fermentabili e polioli che comunemente vengono chiamati Fodmap. Questi, essendo osmotici, richiamano acqua a livello intestinale provocando i caratteristici sintomi da colite, come gonfiori, crampi e diarrea. Talmente alta è la variabilità delle cause delle patologie di intolleranza al glutine, così come è alto il numero di persone che ogni giorno lamenta sintomi associabili ad esso, che è chiaro che qualcosa di strano sta succedendo. Non è ancora facile chiarire le cause delle intolleranze alimentari odierne ma la cosa certa è che senza dubbio non mangiamo più come una volta: adesso il “pane” è una miscela eterogenea di sostanze diverse tra loro che contiene anche grassi alimentari, dolcificanti, semi di soia sgusciati e macinati, coloranti, bromato di potassio e altri rafforzanti; anche se continuiamo a crederlo fatto di acqua, farina e lievito, anche il pane, così come per il latte pastorizzato e altri cibi, di naturale ha oramai ben poco.