Dopo aver parlato delle risorse utili per affrontare al meglio gli asana più difficili per noi nelle ultime lezioni abbiamo iniziato ad analizzare quale è lo scopo dello yoga. Non una semplice pratica fisico-sportiva, ma una grande risorsa anche a livello mentale che può fare la differenza in percorsi di crescita personale e collettiva. Praticare yoga ci può aiutare, infatti, non solo a maturare a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana, ma a far maturare anche la coscienza collettiva.

How the body changes the mind & vice versa

Come abbiamo visto nella sesta lezione lo yoga e la pratica sono nati per scopi spirituali, per purificare la mente attraverso la purificazione del corpo e da lì arrivare a raggiungere gli stati più elevati di coscienza. Oggi pratichiamo yoga per imparare che, come ci prendiamo cura del nostro corpo, possiamo imparare a prenderci cura anche della nostra mente, che è poi il primo passo per prenderci cura del mondo, come diceva Gandhi. Ma questo è solo il primo passo in realtà. Secondo lo yoga, oltre al corpo fisico abbiamo un corpo energetico e uno animico (soggetto a reincarnazione). Quello cosiddetto sottile o energetico è addirittura costituito da altri cinque corpi – lo avreste mai detto di avere tutti questi corpi? Immaginate cinque involucri o guaine, chiamati kosa, che separano la nostra coscienza, il nostro Sé, dalla coscienza universale, indifferenziata, eternamente presente, che sempre è stata e sempre sarà. Da quello più materiale per arrivare a quello più sottile/spirituale, i cinque kosa (le cinque guaine della coscienza) sono:

  1. Annamayakosa: significa letteralmente "la guaina del cibo".
    È il corpo fisico nato dall'anna o dal cibo e nutrito dal cibo. Come tutti i kosa copre il sé “piccolo”, quello con cui ci identifichiamo e impedisce l'esperienza della sua vera natura che è quella spirituale e che coincide con l'unione del piccolo sé al grande Sé universale. È il primo dei cinque kosa. Si chiama anche sthula-śarīra o corpo grossolano. Viene distrutto quando una persona muore.

  2. Pranamayakosa: è la guaina dell'energia vitale.
    Il termine prana corrisponde, infatti, al soffio-energia vitale che tutto pervade. Nella concezione yogica ogni singola particella dell'essere umano infatti funziona come organo di ricezione, trasformazione e trasmissione di questa energia sottile che si muove nel nostro corpo attraverso le nadi1 e i famosi chakra2. Pur essendo puramente energetico questo corpo può essere influenzato da specifiche tecniche di respirazione (pranayama).

  3. Manomayakosa o guaina della mente.
    Si esprime sotto forma di pensieri. Possiamo influenzare il nostro corpo mentale, i nostri pensieri, attraverso le tecniche di meditazione per smettere di identificarci con le proiezioni della nostra mente, con quello che consideriamo il mondo reale e con il concetto di tempo. La mente può vivere nel passato nel presente e nel futuro, ma quando meditiamo sperimentiamo che il tempo cessa di esistere.

  4. Vijnanamayakosa è il corpo dell'intuizione, dell'intelletto (buddhi).
    Permette di sperimentare la vita a un livello più intuitivo. Se risvegliata questa dimensione ci permette di vedere il reale oltre la sua prima manifestazione grossolana e di sperimentare la dimensione propria della saggezza.

  5. Anandamayakosa, “ananda” è la beatitudine.
    Si tratta della guaina più trascendentale, spirituale, sottile che ci permette di fare esperienza della parte divina presente in ogni essere umano. È considerato la soglia del Samadhi, l'obiettivo più alto della pratica yoga, ovvero lo stato di assorbimento ultimo della coscienza individuale nell'assoluto.

Bene una volta compresi questi termini e concetti, direte voi, la mia vita cambia? Forse non subito, ma diciamo che quanto meno vi si pone una domanda: essere coscienti di questi cinque corpi può essere un mezzo per renderci individui migliori? Dal curare il nostro corpo con cibi organici e freschi, al curare la nostra mente e la nostra percezione del mondo vivendo in equilibrio con esso, attraverso esercizi di respirazione e meditazione, praticando il distacco dalle emozioni quotidiane per contemplarci in uno stato di calma e di maggiore apertura mentale sono solo alcune delle cose che possiamo sperimentare attraverso lo yoga per migliorarci nel nostro percorso di crescita personale e collettiva. Ok, direte voi, ma perché tutto questo gran lavoro? Davvero pensiamo sia poi così fondamentale? Non dico sia l'unica strada, ognuno trovi la sua, ma sicuramente possiamo trarre molti insegnamenti e sfruttare molte tecniche da questa antichissima scienza che è lo yoga, anche solo per sperimentare una nuova forma di benessere e iniziare forse un cammino di scoperta in questa millenaria cultura solo in apparenza lontana da noi.

Mi direte voi, ma è una disciplina! Sì, in buona parte lo è, ma non vi imporrà nulla che non vogliate fare e non richiede più sforzi di qualunque altra attività nuova vogliate intraprendere. Qualche volta mi è stato chiesto: ma funziona? Oppure, è appagante? Ok starò molto attenta a non mentire. La verità è che ancora oggi io per prima, dopo anni di pratica e sperimentazioni di vari stili, tecniche e insegnanti, mi sveglio a volte con il rifiuto di vedermi yogina (odio le etichette). A volte poi penso troppa fatica, altre mattine vado in crisi perché non so se voglio davvero insegnare, e inizio a pensare: “Insomma a me la vocazione non mi è mai arrivata, e poi chi sono io per mettermi a insegnare? E allora facciamolo fare a chi lo vuol fare sul serio. In fondo ci sono cose più importanti di cui mi devo occupare, massimi sistemi, economia, attualità, attivismo…”, e così via nel mio delirium tremens. Come se poi ci dovesse essere una sola me etichettabile appunto, inquadrabile chiaramente agli occhi del mondo e ai miei, ma la verità è che in quei momenti sto solo lottando con me stessa e la mia mente si arrampica sui vetri pur di non ammettere che qualunque interesse io abbia mi caratterizza come persona, mi distingue anche nei miei paradossi o in eventuali apparenti contrasti.

A volte insomma anche io, dopo anni di pratica, dimentico il più elementare degli insegnamenti yogici: cercare la mia unità. Dimentico che la strada maestra non è il giudizio feroce contro me stessa, dimentico che tutto quello che sono e amo fa parte di me, parla di me e della mia pienezza e unicità. È solo quando mi riconnetto a tutto questo che riesco a guardare con occhi compassionevoli le contraddizioni e le difficoltà mie e, a quel punto, anche quelle delle persone che mi circondano, anche di quelle che, pur non volendo magari, mi feriscono, non mi vedono o mi vampirizzano, per esempio... ed è solo in quel momento che torno a essere yogina, unita a me stessa, al mondo, nell'accettazione di me e degli altri, vedendo la complessità che è la vita e che sto ancora imparando ad abbracciare nel suo tutto.

Lo yoga non a caso, a differenza di quanto pensiamo noi occidentali, non distingue in bene e male, giusto o sbagliato. L'unità dell'Io con il Tutto, ovvero riconoscersi e concepirsi come esseri all'origine spirituali, universali non lo permette a priori. Ora si può anche essere atei, poco mistici, e non necessariamente credere nella dimensione spirituale dell'esistenza, ma ognuno di noi può sperimentare nella pratica il livello di ampliamento conoscitivo di sé che preferisce e l'unico modo per farlo non è scriverne, farne teoria, ma sperimentare in prima persona le tecniche.

Come diceva non a caso Pattabhi Jois, il fondatore dell'Ashtanga Yoga, in una delle sue massime rimasta più famosa: “Lo yoga è 99% pratica e 1% teoria”.

Note

1 Nadi, termine sanscrito che significa tubo, canale o vena. Secondo la fisiologia sottile tipica delle tradizioni indiane dello yoga e in particolare del tantra le tre più importanti nadi (canali energetici) attraverso cui passa il prana (soffio vitale), che a sua volta alimenta tutte le parti del corpo sono: Ida, Pingala e Sushumna. Hanno origine nel primo chakra (situato alla base della colonna vertebrale) e possono essere purificate e equilibrate attraverso varie tecniche yogiche (pranayama e meditazione) per smettere di “sprecare” l'energia verso l'esterno e rendere possibile il risveglio spirituale. Oltre a questi tre canali principali ci sono poi altre migliaia di nadi presenti nel corpo. Interessante notare che le nadi possono essere per certi aspetti equiparate ai “meridiani” della medicina cinese.
2 Chakra, termine sanscrito che significa ruota o vortice. Sempre secondo la fisiologia sottile indiana si tratta di vortici energetici che generano vibrazioni che influiscono sulla nostra mente, sulle nostre emozioni e sul nostro stato psicologico e fisico. I chakra sono numerosissimi ma i più conosciuti sono sette e si collocano sul lato posteriore della colonna vertebrale (lungo la nadi Sushumna) a partire dalla base della colonna (perineo) a salire fino alla sommità della testa. A ognuno di essi corrisponde una frequenza vibrazionale diversa (più lenta/inferiore nei chakra bassi rispetto a quelli alti dove l'energia si fa sempre più “consistente”). Ogni chakra può essere squilibrato (malattia), equilibrato (benessere) o risvegliato (quando si ha piena coscienza delle sue energie).