Premessa. Sin dalla prima spinta che ho sentito nell’intraprendere questa narrazione sono stata consapevole della complessità di ciò che avrei dovuto affrontare.

Ci ho pensato pure, prima di avviarmi ma… è stata come una “chiamata”, una sorta di dovere, non so definire la sensazione.

Affrontare un tema che ha coinvolto filosofi, poeti, psicologi, artisti di ogni dove e di ogni tempo, insomma, non è propriamente uscire a fare una passeggiata.

Ovviamente io non appartengo a nessuna delle nobili categorie sopra citate, semplicemente mi diletto con la scrittura. Dopotutto, quando ci si trova di fronte ad un bivio e non si può tornare indietro, bisogna scegliere la via su cui procedere. E visto che fisicamente non possiamo muoverci, possiamo certamente farlo con il pensiero. Così il mio pensiero ha deciso di scrivere la Bellezza.

Ma cosa è la Bellezza? Come la definireste voi? Bella domanda. Prima di tutto ho cercato la grammatica, che la definisce così: nome comune di idea, astratto, femminile, singolare; derivato da bello. E già è qualcosa.

Potremmo dire anche che “non è bello quello che è bello ma è bello quello che piace”, come recita un vecchio detto popolare validissimo tra l’altro, per esprimere un concetto che va al di là del significato esteriore di bello, per ampliarsi verso quello di armonia, funzionalità degli organi, serenità d'animo, prontezza dell'intelletto, etc.

Wikipedia dice: “La bellezza è un concetto astratto legato all'insieme delle qualità, percepite tramite i cinque sensi, che suscitano sensazioni piacevoli e che attribuiamo a elementi dell’Universo osservato (come oggetti, persone, suoni, concetti), che si sente istantaneamente durante l'esperienza, si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi a un contenuto emozionale positivo, in seguito a un rapido paragone effettuato. La bellezza è esperita consciamente o inconsciamente, con un canone di riferimento interiore che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale. Nel suo senso più profondo, la bellezza genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale.”

Canone di riferimento interiore… deduco, dunque, che la Bellezza ci appartiene, ovvero ‘sta’ dentro di noi.

Ma cosa è, davvero, la Bellezza? Come mai questa parola risulta così complessa da definire?

Certo è che il concetto di Bellezza non è mai stato unico; il modo di rappresentarla e il suo simbolismo hanno subito numerose variazioni in base all'epoca storica e ai luoghi.

Sin dalle sue origini, il pensiero greco elabora un modello di bellezza, che sarà dominante non solo nel mondo classico ma anche nelle età successive: quello della bellezza come armonia delle forme, come simmetria e proporzione fra le varie parti di un oggetto, quindi fra aspetti ed elementi diversi di una stessa realtà.

In Grecia, le idee di armonia e proporzione, quindi di simmetria, equilibrio e rigorosa corrispondenza fra le parti di un insieme, hanno costituito uno dei cardini dell’arte classica.

Il canone di Bellezza nella configurazione ideale di Policleto stabiliva che il corpo umano, per essere perfetto, doveva oltrepassare di sette volte e mezzo la misura della testa, mentre in quella di Lisippo, doveva oltrepassare otto volte e mezzo la misura del corpo. Gli artisti greci erano guidati dal concetto di proporzione, la rappresentazione della Bellezza non è più limitata alla riproduzione del corpo umano così come lo si osserva ma viene analizzato, misurato, con lo scopo di ricavarne dei rapporti numerici tra una parte e l'altra e tra le singole parti e l'insieme.

Nella poesia dell’età arcaica la Bellezza si configura anzitutto come manifestazione del Vero, mentre il poeta è considerato maestro di Verità ispirato dalle Muse, le divinità figlie di Zeus e Mnemosyne. Apro una piccola parentesi, Mnemosyne, nella mitologia dell'antica Grecia è la personificazione della Memoria. La leggenda narra che, dalle nove notti di unione con Zeus, nacquero le nove Muse, che non sono soltanto le cantatrici divine, ma presiedono al Pensiero, sotto tutte le sue forme.

Il filosofo contemporaneo Umberto Galimberti, che ho avuto il privilegio conoscere personalmente, ci informa che: "la memoria è la capacità di un organismo vivente di conservare tracce della propria esperienza passata e di servirsene per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri.” Si potrebbe azzardare che la Memoria sia lo strumento attraverso cui il pensiero si estende lungo tutta la dialettica del tempo: passato, presente, futuro. Che essa rappresenti l'estensione e la sua immortale presenza, la memoria infatti ci riporta ad altri concetti filosofici e fisici: il tempo, lo spazio e, quindi, il divenire.

Tornando al poeta, dunque all’artista, le Muse gli donano la capacità di guardare oltre, di cogliere ciò che gli altri non possono vedere e conoscere, cioè - scrive Esiodo - la capacità di “vedere” la Verità originaria e profonda delle cose, ciò che “è”, “fu”, “sarà”. Giordano Bruno, oltre le fiamme del rogo, trova gli occhi di Morgana e la febbre di una ricerca senza fine che invita ad andare oltre: “Morgana, amore mio, guarda in fondo al pavimento di pietra: dove ci saranno uomini liberi, la mia filosofia vivrà ancora. Vieni. Laggiù c’è la pietra della Bellezza”.

Un altro modello greco associa la Bellezza non solo alla Verità, ma anche e soprattutto al Bene. Così, ciò che è bello, kalós, è anche buono, agathós. Il modello della kalokagathía, cioè della “Bellezza e Bontà”, nel quale la virtù dell’animo si compenetra con la bellezza delle forme.

Zenone chiamava la Bellezza “Il fiore delle Virtù”, per Platone la Bellezza era “Il lustro e lo splendore della Bontà” ossia, la Bellezza era la manifestazione suprema del Bene inteso come il punto più alto dell'Essere che si conquistava con la Verità e la Giustizia.

Vorrei citare uno scritto anonimo sul Sublime – risalente forse al I secolo a.C. – che distingue l’ideale pitagorico del bello come “armonia” e quello del “sublime”. Questo viene descritto come “risonanza di una grande anima”. Una risonanza che alimenta una tensione ideale e tende ad arricchire spiritualmente sia l’autore che i destinatari di un’opera d’arte, inducendoli a vivere una comune e profonda esperienza spirituale.

Pitagora trasse ispirazione, per la sua filosofia, dal numero. La musica ugualmente è numero, armonia e bellezza. Si pensi alla frequenza armonica di 432 Hz che altro non è che la frequenza dell’Universo. Modificata nel 1939 dal regime nazista a 440 Hz che è, a tutt’oggi, lo standard della musica. E qui potrei aprire un argomento molto ampio e sicuramente “non armonico” con il tema di cui invece voglio parlare.

Torniamo dunque alla Bellezza.

L’antico binomio Matematica-Bellezza fu ripreso secoli dopo da Leonardo da Vinci che, con il disegno dell'Uomo di Vitruvio, stabilì le regole matematiche per definire la Bellezza ideale, disegnando un corpo che rispondeva a parametri ottenuti partendo dalla divisione del volto per il numero aureo 1.618. Queste proporzioni sono i modelli matematici con i quali la Natura cresce e si sviluppa e che, per la visione occidentale sono state incorporate con le creazioni estetiche ed artistiche.

La teoria dei frattali del matematico polacco Benoit Mandelbrot, ha evidenziato una diversa visione della natura, affermando: “Volendo essere molto sintetici, i frattali servono a trovare una nuova rappresentazione che parta dall'idea di base che il piccolo in natura non è nient'altro che una copia del grande.” Ecco quindi riaffermarsi matematicamente l’eterno paradigma dell’affinità fra macro e microcosmo.

Vorrei tornare sul concetto grammaticale di Bellezza, come nome femminile e descrivere il binomio archetipico bellezza-donna.

Se consideriamo un corpo femminile, come entità anatomica e funzionale, notiamo senz'altro che ad essa sono stati associati nel tempo significati socio-culturali anche molto diversi.

Alle Veneri preistoriche era attribuita la fecondità, ne è un esempio la scultura paleolitica della Venere di Willendorf che immaginiamo sia l'ideale della Bellezza femminile di quell'epoca. La statua rappresenta una figura femminile dalle forme abbondanti, ventre ampio, grandi seni, fianchi larghi, organi genitali in evidenza. L'accentuazione degli attributi femminili, più che caratterizzare la Bellezza, ne esalta l'aspetto riproduttivo, ricoprendosi in questo caso di un significato simbolico e magico. È l'esaltazione della Bellezza femminile nell'aspetto più elevato, è la Bellezza della Madre, creatrice e nutrice di un nuovo essere che perpetuerà la specie.

Nell’antico Egitto la figura femminile, armonica fusione di corpo e mente, possedeva uno status che contrasta in modo significativo con la condizione della donna in molti paesi “moderni”, la donna infatti, raggiungeva importanti posizioni sociali e ruoli di primo piano come quello di faraone.

La Bellezza per gli Egizi è però anche qualcosa che va oltre l’estetica, si confonde con l’arte passando attraverso il mondo misterioso della magia, delle formule segrete, alla ricerca della bellezza immortale. La Bellezza non svanisce con la vita terrena e trova, nell’attenzione alla vita dopo la morte, la prospettiva dell’eternità.

Alle matrone romane dai corpi giunonici, era associata l'opulenza ricca e sfarzosa, simbolo del potere politico ed economico del consorte. La donna romana curava in maniera quasi ossessiva il proprio corpo ricorrendo largamente a cosmetici e creme e all'infoltimento della capigliatura mediante capelli posticci. Una bellezza strategica, potremmo dire.

Le donne medioevali invece erano associate alla castità; corpi quasi efebici, esili ed acerbi, fianchi stretti, seno appena pronunciato ma ventre prominente, anche in questo caso simbolo di futura maternità. L'incarnato del viso doveva enfatizzare il candore virginale della donna. La Bellezza medievale era intesa quindi come splendore di Luce ultraterrena che conduce alla via della spiritualità e della comunione con Dio. Si pensi alla “Donna Angelo” dello Stil Novo, creatura eterea e non più terrena, il cui Amore ingentilisce e raffina l’animo del poeta, fino a condurlo alla Sapienza e dunque alla Salvezza.

Nella tradizione Orientale invece, il concetto di Bellezza è strettamente legato all'equilibrio interiore, condizione necessaria per il pieno raggiungimento di una perfetta conoscenza del sé, affinché la Bellezza si mantenga sempre viva, fedele riflesso di uno spirito elevato, figlia naturale della Bellezza interiore.

Postilla: fu Trotula di Salerno, donna medico e personaggio sui generis, attiva nell’XI secolo nell'ambito della scuola salernitana che, nel suo trattato noto come Trotula minor, giunge a ritenere la Bellezza femminile come l'emanazione esteriore di un corpo in salute e in armonia con l’Universo, concetto questo che ritroviamo nella visione tutta orientale della Bellezza.

In Oriente, infatti, il concetto di Bellezza parte dalla consapevolezza che per raggiungere un buon aspetto esterno è imprescindibile prestare attenzione all'aspetto interno dell'organismo. Il nostro corpo è in perfetta armonia solo quando, per raggiungere un equilibrio energetico con ripercussioni positive generali, viene considerato come l'insieme di Corpo, Mente e Spirito. Ma l'armonia perfetta del corpo umano è anche il frutto del rapporto equilibrato tra Yin e Yang; il primo, principio femminile rappresentato dal colore nero, il secondo principio maschile rappresentato dal colore bianco. Queste due polarità costituiscono la legge base dell’Universo, simbolo e fondamento della dualità del Cosmo. La Bellezza, dunque, non è solo la perfezione delle linee del viso, del colore degli occhi o dei capelli, né tanto meno deve necessariamente rispecchiare i concetti di Bellezza che ispirarono le regolarità delle forme dei modelli antichi, più propriamente occidentali. La Bellezza è la capacità di guardarsi dentro per armonizzare se stessi con la Natura, in questo modo l'esterno è lo specchio dell'interno, e il Tao è la sua virtù che esalta la Bellezza come consapevolezza e armonia.

Un altro aspetto che amplifica e completa la Bellezza è, senza ombra di dubbio, il concetto di Grazia, che si manifesta nel volto e nel portamento, infondendo nell'animo il senso del bello, della gentilezza e della serenità. La Grazia non si acquista, è aliena da principi e convenzioni, oltrepassa le barriere culturali poiché, essendo indeterminabile, è un concetto ancor più fuggitivo della Bellezza. La Grazia accompagna e completa la Bellezza.

Vien da sé che la Bellezza non può, dunque, essere occultata né confinata nell'ombra, proprio per la sua natura sacra.

E sulla Sacralità della Bellezza vale la pena spendere due parole. Il sacro non è, in tal senso, da intendere come l’emanazione di una religione bensì come un collegamento, un ponte. La sacralità della Bellezza diventa un legame, uno strumento. È il medium tra noi e lo smisurato. La Bellezza si fa presenza tangibile, percepibile con la funzione di connetterci con l’illimitato, con ciò che ci è totalmente lontano, eppure vivo dentro noi stessi. L’esperienza della Bellezza è benefica, perché ci educa: al pensiero, all’essenza, all’evoluzione.

Nel mondo contemporaneo, l’idea del “bello” è stata affiancata dal suo simmetrico negativo, il “brutto”, ciò che è disarmonico. Un diretto riflesso del “sentire” umano e della inadeguatezza del modus vivendi, sempre più distorto e disconnesso con il Tutto.

Nelle arti figurative, nella letteratura e nella musica non emergono solo l’armonia e l’equilibrio fra le parti, ma anche la dissonanza e la deformità. È venuto meno l’ideale della “perfezione” classica. Il “brutto” non è più il “non-essere”, la mera privazione, l’assenza del “bello”, come riteneva Platone. Del brutto e del male l’arte contemporanea sembra non poter fare più a meno, come se l’uomo si servisse del “brutto” per esprimere il suo stesso riflesso, il suo profondo disagio interiore. È il caso, ad esempio, del celebre Guernica di Picasso, del “grido d’orrore che sale dalla realtà mortalmente ferita, dell’umanità dei nostri giorni”, come ci fa notare il filosofo Romeo Bodei. “Il romanziere Stendhal disse, con una frase memorabile, che ‘la bellezza è una promessa di felicità’. Ma mantenere viva l’aspirazione all’armonia che racchiude questa promessa, ci costringe a comprometterci fino in fondo con il male, la menzogna e la negazione della bellezza che impregnano la realtà non ancora riconciliata in cui viviamo” (tratto da Le domande della Vita di Fernando Savater, filosofo spagnolo).

Sì, la Bellezza è tale proprio perché rivela un mistero, e forse una promessa. Percepiamo in lei qualcosa di etereo, indefinito e infinito, che supera la nostra esperienza materiale e che, anche se per brevi momenti, ci consente l’accesso al Linguaggio dell’Universo.

Vorrei, come si suol dire, chiudere in Bellezza con una riflessione dello scrittore ed esteta russo Vladimir Solov'ëv:

Che cos'è la bellezza? Guardate il carbone e il diamante. Il carbone e il diamante chimicamente sono lo stesso. Perché il carbone è brutto e il diamante è bello? Perché il carbone fissa tutta l'attenzione a se stesso, mentre nel diamante si vede il sole e tutta la luce: attraverso di esso si vede qualche altra cosa, superiore alla pietra, che la fa bella.