Un numero sempre maggiore di persone sta modificando la propria dieta verso filosofie più restrittive, che escludono il consumo di pietanze di origine animale e loro derivati.

L’uomo nasce come animale onnivoro, dall’alba dei tempi ha sempre cercato di sopravvivere e sfamarsi con quello che raccoglieva e cacciava. La dieta preistorica era strettamente legata alle possibilità del momento, alle circostanze ambientali, climatiche e sociali delle tribù. Di certo non si pensava a cosa si stesse mangiando, alle modalità e quantità adeguate e alle varie conseguenze, che questo genere di dieta avrebbe potuto causare.

Durante tutto il Medioevo e il Rinascimento, cosa mangiare si sceglieva secondo regole sociali legate all’appartenenza a una certa classe. Tuttavia, la predilezione verso un cibo o un altro non apparteneva a tutti, poiché molti, a causa di limitate, se non assenti possibilità economiche, non avevano alcuna opportunità di compiere una scelta. Nel ventunesimo secolo, però, in una società avanzata rispetto a quella di millenni fa, l’uomo prende parte a un sistema molto ampio e complesso, dove si è chiamati a conoscere, informarsi e abbracciare filosofie e ideologie. Tra culture, società e tradizioni proprie, la nostra dieta è diventata negli ultimi decenni sempre più emblema di scelte ecologiche, animaliste e politiche. Siccome abbiamo raggiunto un equilibrio più e meno stabile all’interno della società occidentale, dichiariamo la nostra preferenza in ambito culinario anche secondo leggi morali proprie.

Essere vegani vuol dire abolire ogni forma di cibo derivante da prodotti animali. Si esclude, quindi, ogni forma proteica non vegetale, come latte e suoi derivati, ma anche miele e altri lavorati apicoli. In questa maniera, si vivrà di una dieta strettamente vegetale, che comunque avrà la possibilità di soddisfare tutti i bisogni nutritivi dell’uomo. Anche se si tratta di un’alimentazione completa, questa scelta coraggiosa presenta tuttora forte scetticismo. Perché negare al nostro corpo anche solo la possibilità di bere del latte e mangiare delle gustose omelette? D’altronde il pensiero comune è sicuramente più dalla parte dei vegetariani, i quali, benché, abbiano fatto una scelta comunque difficile, hanno la possibilità di avere un insieme più ampio, con cui comporre i propri piatti. La ragione però, anche se probabilmente più lontana dalla nostra capacità di comprendere e condividere, esiste e non è da sottovalutare.

Il mondo d’oggi bombardato dal foodporn e da eccessive allusioni carnivore legate al cibo, sta trasformando la nostra voglia inconscia di carne, in qualcosa che convertiamo nell’eccessivo consumo. Non perché ne abbiamo bisogno, ma semplicemente perché non sappiamo resistere al richiamo di un succulento hamburger media cottura con crema calda di gorgonzola e cipolle. Oltre al numero di hamburgherie in aumento, i fast food si costruiscono sempre più vicino a casa, offrono un menu “completo” a poco prezzo, hanno la sala giochi all’interno e stanno diventando l’attrazione delle famiglie durante il fine settimana.

Dietro a tutto questo circolo vizioso di desideri da soddisfare, ci sono industrie enormi che sfornano quantità inimmaginabili di hamburger, spiedini, salsicce, petti di pollo, braciole e quant’altro. Questo non avviene semplicemente per la produzione diretta di carne, ma anche per tutti i suoi derivati. Ovviamente, se vogliamo ottenere latte, uova e altri prodotti, non possiamo negare che le grandi aziende debbano soddisfare un numero di richieste altissimo, che senz’altro non gli permette di allevare gli animali nei pascoli, all’aria aperta e nel modo ottimale, sia per il prodotto che si vuole ottenere, sia per l’esistenza dell’animale stesso.

Se volessimo anche incentrare la nostra attenzione sulla pesca, possiamo notare come i grandi padroni del mare, non pongono alcuna barriera alle loro reti. Pescano eccessive quantità di pesce, la cui maggior parte verrà ributtato in mare morto, perché non conforme alle regole del mercato. Per non parlare del loro disinteresse rispetto a una pesca sostenibile. Questo si traduce nel ignorare norme che regolano un’attività commerciale legata alla salvaguardia dell’ambiente, implicando dei tempi e delle modalità che non portino a un eccessivo sfruttamento delle risorse marine e a un’impossibilità di ripopolazione delle specie. Infatti, il concetto alla base del veganesimo, non è solo contrastare lo sfruttamento degli animali legato a un allevamento intensivo ormai fuori misura. Questo fattore non viene assolutamente sottovalutato. Anzi, è sempre ben presente nella mente di ogni vegano, ma il vero problema è come le quantità e le richieste di cibi proteici stiano aumentando vertiginosamente. Ci sono persone che sostengono che mangiare verdura o legumi sia qualcosa da fare una o massimo due volte a settimana, cosa che dovrebbe invece accadere proprio per i prodotti animali e i loro derivati.

Il nostro pianeta non è più in grado di espandere allevamenti e terreni per soddisfare la richiesta del mercato. Inoltre, il mondo del cibo è in mano alle lobby dei fast food, dei giganti delle industrie, che ogni giorno si assicurano di conquistare sempre più il mercato tramite innumerevoli pubblicità ripetute all’infinito. In questo modo, la mente dei consumatori viene spinta all’acquisto di determinati prodotti, che portano a grandi quantità di profitti, ma rendono l’uomo impotente di compiere le giuste scelte.

Il veganesimo, quindi, è soprattutto una scelta politica. Si crede, che evitando di consumare prodotti derivati da sfruttamento di animali, land grabbing e pressioni ambientali, si possa in qualche maniera sviluppare una preponderanza verso un sistema di vita sano ed etico. Sarebbe fondamentale sviluppare la consapevolezza nel consumatore, che dietro a tutti i prodotti che appaiono sugli scaffali dei supermercati, è presente – anche se non ce ne rendiamo conto – una vera e propria speculazione pronta a modificare anche solo l’idea di ciò che necessitiamo comprare. Se si pone l’attenzione anche solo verso la disposizione dei prodotti nei vari discount, notiamo come l’occhio del consumatore sia posto sempre verso quei prodotti che occupano una fetta maggiore all’interno del mercato. Sarà spesso difficile cercare di acquistare un prodotto diverso rispetto a quello che le grandi aziende vogliono farci acquistare.

Proprio per questo una dieta vegana cerca di non assecondare i grandi mercati e, di riuscire in qualche maniera, ad attuare una vera selezione durante l’acquisto. Partendo dal presupposto, che il veganesimo è, di fatto, una vera e propria scelta di vita. È importante evidenziare, come anche tutte quelle persone che osservano una dieta “normale”, attraverso delle scelte consapevoli e mirate, possano entrare a far parte di una rete gastronomica sostenibile. Evitando di acquistare prodotti della grande distribuzione organizzata, daranno il loro contributo verso una produzione etica legata al sostegno di regole ambientali e sociali. La responsabilità di ognuno è informarsi per veicolare i propri acquisti, verso quei cibi degni di particolare interesse, poiché lavorati con passione, tradizione e naturalità.