Una finissima sabbia bianca, quella delle spiagge incontaminate, accoglie gli invitati alla sfilata di abiti da sposa firmati dal couturier inglese David Fielden tenutasi a Milano al Superstudiopiù. Una grande piscina, in mezzo alla sala, è illuminata da centinaia di candele che galleggiano danzando sull’acqua. L’atmosfera è rarefatta. Lo stilista ha appena festeggiato i trentacinque anni di attività con una collezione speciale, importante, e non vorrà certo deludere le aspettative del pubblico. Modelle eteree dalle acconciature tribali sfilano in un tripudio di veli, pizzi e sete impalpabili che si susseguono in un ritmo incalzante, l’emozione aumenta e la curiosità anche.

L’immaginifico mondo in cui ci trasporta non ci ricorda soltanto la sua Londra, è l’Africa ad essere nell’aria e ogni dettaglio trasmette quell’idea di Global Journey, titolo della nuova collezione. Fuochi scoppiettanti partono da alcune candele, che per tutto il tempo erano rimaste spente, e le scintille sfiorano il soffitto, applausi scroscianti chiudono l’evento e le luci si spengono. È questo il momento ideale per avere la possibilità di conoscere la mente creativa che si nasconde dietro a questo spettacolo. David Fielden è una persona riservata, ma l’emozione traspare dal suo volto, come se quella fosse la sua prima sfilata; nel backstage molti gli stringono la mano e si complimentano con lui, lui mi guarda con uno sguardo timido e sincero e mi chiede “Did you enjoy?” come se ci conoscessimo da sempre, come se avesse bisogno di essere rassicurato, io gli rispondo che la sfilata è stata bellissima e ci scambiamo un bacio.

Qual è il legame tra la sua passione per il balletto e quello per la moda?

Il legame è la musica e ciò che è in grado di trasmettere a livello emotivo, la musica stimola la mia immaginazione ed è il fil rouge delle mie sfilate, della campagna pubblicitaria e del film che ne segue, come è avvenuto per la collezione scorsa. La fonte d’ispirazione erano i Ballets Russes e il gruppo inglese Bloomsbury Set, un momento di passaggio dall’Ottocento al Novecento. I primi erano una delle più famose compagnie di danza classica, del secondo facevano parte intellettuali attivi in diversi campi dell’arte, della critica artistica e dell’insegnamento (Virginia Woolf era una delle esponenti). Il mio immaginario ha trasformato questi stimoli in un giardino magico, alla sfilata hanno partecipato ballerini professionisti, il proscenio esibiva tendaggi di velluto rosso come chiaro richiamo al teatro. Tutta l’armonia nasceva dalla musica, da quella moderna di Kate Bush a Facade di William Walton, l'opera più geniale del compositore inglese, alle note classiche di The firebird di Igor Stravinsky. La campagna pubblicitaria si basava sull’accostamento di due immagini, una era la figura fantasma di una ballerina, l’altra era la modella che viveva l’incontro emozionante con tale evanescente danzatrice.

Lei era un ballerino di danza classica, come ha avuto inizio la sua avventura come stilista?

Ho studiato design teatrale, poi ho frequentato la prestigiosa scuola di ballo Rambert, dove ho lavorato come coreografo di eventi che hanno vinto premi internazionali. I miei interessi sono molteplici, ho iniziato a collezionare e vendere abiti vintage, a riutilizzare pizzi antichi per realizzare abiti, tutto è iniziato da lì.

A che cosa s’ispira per realizzare i suoi abiti da sposa? In particolare a cosa si è ispirato per la sua ultima collezione?

La mia collezione sposa 2016 s’ispira a un viaggio nei vari continenti, con un particolare riferimento all’Africa e ai tessuti tribali realizzati in modo artigianale secondo antiche tecniche.

Quale ruolo giocano per lei l’artigianalità e le tecniche sartoriali dell’Haute Couture nel creare i suoi capi?

Lo studio dei dettagli e dei tessuti gioca un ruolo fondamentale nelle mie collezioni, l’abito deve emozionare chi lo indossa e spesso raggiungo questo obiettivo grazie alle texture delle materie prime che scelgo.

La sua maison sta festeggiando i trentacinque anni di attività, come si sente? Pensa di aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissato?

Ho sempre messo la creatività al primo posto tra i miei obiettivi. Credo che una Maison di successo sia in continua evoluzione, alla ricerca della perfezione collezione dopo collezione, con la determinazione di fare sempre meglio. Se ho raggiunto i miei obiettivi? Posso dire di aver raggiunto una posizione invidiabile che mi permette di sfidare senza timore i preconcetti che rimangono legati al mondo dell’abbigliamento dedicato alla sposa, vorrei sfidare gli stereotipi e proporre nuove soluzioni e nuove idee alle future spose, le vorrei moderne e sempre diverse, seguendo i dettami dell’alta moda che ogni stagione si rinnova.

In quali Paesi vende le sue creazioni?

Vendiamo in tutto il mondo con particolare successo in Italia e abbiamo un crescente mercato in estremo Oriente.

I suoi progetti futuri?

Rimanendo fedele all’estetica della Maison cerco di colmare il divario che esiste tra l’alta moda e la moda sposa. Credo esista una tipologia di cliente che vuole indossare abiti frutto di un’evoluzione stilistica, l’alta moda cambia sempre, mentre gli abiti da sposa spesso sono datati, legati solo al passato.

Testo di Clelia Zanni

In collaborazione con le riviste di moda Collezioni: www.collezioni.info