Manuela Camprini è nata in una notte d'autunno mentre il mondo dormiva e le rondini erano già in viaggio verso il caldo; era l'ottobre del 1972, il suo battesimo è stato “È una femmina? Bella roba!”

Cresciuta in una famiglia patriarcale in cui il nonno era padrone di tutti tranne della sua testa e della sua lingua pungente, ha imparato presto cos'era il lavoro dei campi ma, lei, voleva fare l'artista. A far da contrappeso alla bilancia, in famiglia, c'era un suo prozio, una persona fantastica che ha cresciuto tre generazioni. Era lo zio di tutti, il saggio e paziente della famiglia... l'unico uomo che ha sempre rispettato le donne di casa. Lui sapeva tutti i proverbi contadini, era il meteorologo di casa, era la storia di casa. Della famiglia sapeva tutto, si era accorto per primo che Manuela era incinta, era un attento osservatore e un ottimo ascoltatore ma, di lui, intanto che è stato vivo, non si è mai saputo ciò che ha segnato la sua vita. Buono e silenzioso, era un uomo che sapeva piangere, un partigiano che ha combattuto per la sua patria e per i bambini. L'esatto contrario del nonno con cui Manuela ha sempre sferrato battaglie, ma zitta anche se era femmina, sempre pronta alla difesa... forgiata dal fuoco di una famiglia maschilista in cui il valore più importante era la terra, il lavoro faticoso dei campi che ha consumato suo padre. La nonna era sarta, dolcissima e paziente, da lei Manuela eredita il sapere sartoriale che si è tramandato di madre in figlia.

L'incontro con la morte avviene quando Manuela aveva appena diciassette anni, la vita all'improvviso mostra i denti e affonda nell'oscuro male di vivere della sua adolescenza. Un episodio che ha segnato in modo indelebile la sua vita: la morte dello zio speciale che tutti vorrebbero. Con lui passa le serate a sognare di Brera, di lei che diventa una famosa scenografa, a ridere e scherzare sul futuro; una frase, come un monito, risuona ancora nel cuore della giovane: “I sogni si realizzano solo se ci credi e combatti per loro”. L'incontro con la morte è stato devastante, sulla bara fa promesse che mai ha saputo portare a termine e per tanti anni hanno segnato il suo vivere. Lei stessa commossa sussurra: "Dopo quasi trenta anni è ancora la persona che più mi manca ma la vita continua e lui leggerà queste pagine caotiche nel giusto modo o almeno lo spero".

Sempre contro tutti decide di iscriversi al liceo artistico di Ravenna con l'intenzione di andare a Milano per frequentare l'Accademia di Brera e seguire i corsi di scenografia, ma il destino decide di cambiare le carte in gioco e a venti anni è già mamma. Cresciuta per forza degli eventi, inizia a dipingere per avere una via di fuga dal mondo e organizza mostre nella sua Romagna, dal 1997 al 2004. Manuela ama il nudo femminile e si cimenta nella sperimentazione di nuove tecniche. La fortuna le consente di poter riprendere gli studi presso l'Accademia di Rimini, sostenendo tutti gli esami con la più bella delle mascotte, sua figlia, la sua più accanita sostenitrice. Qui incontra insegnanti fantastici che le hanno aperto la mente e qui ritrova il suo grande amore, il teatro, e inizia a lavorare come costumista.

Nel frattempo incontra tante realtà artistiche diverse e pian piano affina le tecniche sartoriali imparate da bambina dalla nonna materna e da sua madre. "Salire sul palco e lavorare fianco a fianco con gli attori per dare vita e forma ai personaggi è un esperienza unica, il palcoscenico è un luogo magico in cui ritrovo me stessa senza il bisogno del pubblico in platea. Amo stare dietro le quinte a vestire di sogni gli attori. Costruire un costume è un'arte, saper dare forma e colori ai suoi pensieri, al suo carattere è una sfida che raccolgo ogni volta con grande passione. Il mio sogno è fondere il mio lavoro a un percorso artistico tutto mio in cui i costumi, gli abiti, diventano opere d'arte vere e proprie" afferma con entusiasmo incontenibile l'artista.

Tanti sono i personaggi che ama, Shakespeare è un faro e ogni volta che legge le sue opere scopre cose nuove. Prospero e la sua magia, il suo amore per i libri, è la chiave di volta a tutti i suoi pensieri ma fondamentale è stata la conoscenza del teatro dell'assurdo di Samuel Beckett e una delle sue opere più famose: Aspettando Godot. Una sera andò a vedere un amico attore che interpretava Pozzo, rimase rapita e in silenzio dai due protagonisti del testo: Didi e Gogo. Due assurdi e fantastici personaggi pieni di umanità e sogno, due anime perse in un mondo più assurdo di loro, di noi. Pianse un pianto liberatorio e intenso, si era ritrovata su un palcoscenico dentro quelle vecchie scarpe, sotto l'albero ad aspettare Godot.

Manuela è un essere in continuo movimento, sempre inquieta, mai contenta di se stessa. Fa le cose per e con passione, ha tanti interessi e uno di questi è la moda, quasi una conseguenza del suo amore per la storia del costume e così da pochi mesi ha aperto un suo atelier. Un luogo particolare in cui ha cercato di ricreare un atelier degli anni passati. Un luogo in cui creare abiti non "alla moda" ma pezzi unici, suoi, uno stile rétro che pesca nel passato e che vede la donna elegante e femminile. Un luogo in cui è possibile incontrare la cultura organizzando eventi e mostre, uno spazio davvero speciale in cui si fonde arte, moda e teatro in un'atmosfera magica.

L'atelier si trova nel centro storico di Forlì, la sua cittadina, ed è il suo rifugio l'alcova dei sogni da realizzare. Quando una cliente indossa una sua creazione, Manuela si emoziona. Ama le stoffe preziose, i velluti e le sete, cerca di far convivere il passato con il contemporaneo... La moda si ripete in modo ciclico prendendo a piene mani dal passato ma Manuela, con il suo cuore immenso, può vestire le donne con i suoi sogni e questa … è magia!