È passato anche per l’Italia il tour collegato a Goon (trad. goffo), l’album di debutto di Tobias Jesso Jr.: a Milano un club (il Biko) e a Roma un piccolo teatro (il Quirinetta) hanno ospitato una delle più interessanti proposte di songwriting a livello internazionale. Va detto che l’intimità ben si sposa con lo stile di Jesso Jr., ma il pronostico è che chi ha perso l’occasione di assistere ora a un suo concerto la prossima volta debba accontentarsi di una distanza di gran lunga maggiore dal palco. E non fatevi imbrogliare dai “pochi” fan che al momento conta la sua pagina di Facebook (ventimila non sono tanti per un artista che parla idealmente a un pubblico mondiale): è solo questione di tempo.

La storia di questo musicista ha dell’incredibile e nasconde pure un insegnamento prezioso. Canadese di Vancouver, insegue il suo sogno di vivere di musica trasferendosi a Los Angeles. Qui suona il basso in una band chiamata The Sessions e presta i suoi servigi come chitarrista e autore alla cantante pop Melissa Cavatti che, però, non troverà la strada per il successo. Passano quattro anni in cui non accade pressoché nulla di quanto sperato, se non una tragica sequenza di sfortune tutte in un colpo: gli scade il permesso di soggiorno, viene lasciato dalla sua fidanzata, finisce sotto una Cadillac e mentre è a terra con una profonda ferita a una mano gli rubano la bicicletta; il culmine però è la telefonata con cui apprende che hanno diagnosticato un tumore alla madre. Basta: non resta che tornare a casa, stare vicino alla famiglia, trovare un lavoro e deporre ogni sogno di gloria. Rientrato a Vancouver Jesso comincia a lavorare nella ditta di traslochi di un amico e la musica diventa una parentesi meditativa quotidiana sui tasti del pianoforte della sorella, che nel frattempo è andata a vivere per conto suo.

Tobias, al tempo ventisettenne, non ha mai suonato prima il piano: sarà anche per questo, per la libertà offerta da una pagina completamente bianca su cui potersi esprimere senza alcuna progettualità e condizionamento, che accade qualcosa di inaspettato. Le delusioni e i sogni infranti californiani si trasformano in melodie e versi di una sincerità disarmante, vestiti da sequenze di accordi tanto naturali quanto fresche e mai veramente prevedibili, anche dal punto di vista ritmico. È il flusso delle emozioni che hanno trovato il loro migliore alleato in uno “sconosciuto”, come quando ci scopriamo a confidare le nostre difficoltà con maggiore slancio e apertura a colui che ci siede accanto nell’autobus, solo perché magari ci ha sorriso e ci ha rivolto una parola.

Il piano diventa in breve tempo il migliore amico di Tobias e le canzoni che vi nascono hanno la forza della purezza, della verità. Per quanto la tecnica del musicista si affini sempre più e queste composizioni abbiano veramente tutto per stare in piedi e colpire l’ascoltatore sotto ogni punto di vista (ricordiamoci comunque che come bassista e chitarrista si trattava di un professionista a tutti gli effetti e che molte di quelle nozioni hanno allungato i passi nell’apprendimento del pianoforte), qui è l’arte a far la parte del leone: esattamente quel termine che oggi viene scomodato troppe volte, alludendo più ad aspetti tecnici che di contenuto, di creatività e di invenzione libera. Nel mare di performer senza contenuti in cui stiamo annegando, Tobias Jesso è un appiglio per l’anima. E in questo pacchetto di emozioni rientra assolutamente anche il mezzo vocale, che è spontaneo e coinvolgente, un timbro molto personale che si muove sul registro medio-acuto, dotato di molti colori e capace di vocalizzi per niente facili.

Il primo brano completo a prendere forma sul pianoforte è “Just A Dream” che prontamente viene inviato all’ex Girls Chet “JR” White. In breve le sue canzoni conquistano diversi addetti del settore e si forma un manipolo di grandi nomi (oltre a White, anche Patrick Carney dei Black Keys e Ariel Rechtshaid, produttore di progetti di rilievo quali Vampire Weekend e We Are Scientists, fra gli altri) che impugnano la causa di questo ragazzone canadese di oltre due metri di altezza e si occupano della produzione del debutto.

Goon esce nel 2015 e raccoglie dodici pezzi memorabili: basti pensare che Adele a inizio anno ha interrotto il suo proverbiale silenzio per segnalare tramite il suo profilo Twitter il video della canzone, primo singolo ufficiale, “How Could You Babe”, esprimendo entusiasmo e invitando a condividere. Tobias Jesso Jr. si presenta come un artista delicato e intrigante che canta se stesso. Il progetto discografico non è sotto i fili di una major e pertanto nessuno ha forzato il suo messaggio e non è stato seguito alcun protocollo per il successo come lo si intende oggi. In sostanza, non è un prodotto, ma un sentimento. A partire dal piano (che, come si è detto, Tobias suona davvero bene e con gran gusto), il fine dello strumento è quello di un divano per fare accomodare le melodie e le parole; ci sono sfumature di una ricchezza incredibile, e soprattutto c'è libertà.

Jesso Jr. usa progressioni molto originali, che appena sembra di immaginare dove vadano, virano di colpo in territori inaspettati: ma si sente che ci arriva perché è quello che canta che lo richiede e non perché mette in pratica teorie armoniche da manuale. Questo musicista merita un grande spazio; da troppo tempo l'arte ha poco a che fare con il cosiddetto "mainstream" (parlando di nuove leve): bisogna rendersi conto che il contenuto non è mai a scapito del piacere, che la musica non è una prova di forza, un'evoluzione circense a cui battere le mani o uno sfogo per il corpo. Tobias Jesso Jr. sembra essere stato mandato per questo. Non sono a caso i continui paragoni con Randy Newman, John Lennon, Todd Rundgren, Elton John e altri giganti ancora: ma il nesso va ricercato appunto nella sincerità e nella verità di cui un artista nel senso proprio del termine è sempre portatore. E Tobias Jesso Jr. è un artista vero. Impossibile negarlo. Goon è un album nel senso tradizionale del termine, dove ogni traccia è importante e l’ordine in cui queste compaiono ha un senso preciso. Ciascun brano è un tassello della storia di Jesso, dalla disfatta californiana (“Hollywood”, “Leaving Las Vegas”) agli amori finiti e non (“How Could You Babe”, “Without You”, “Can’t Stop Thinking About You”, “Can We Still Be Friends”, “The Wait”, “For You”…), fino agli interrogativi sul futuro e sul vivere (“Just A Dream”). Un disco da assaporare e da sognare fino in fondo.