In certi mesi dell'anno il cielo di Bucarest si riempie di corvi. Tozzi e fuligginosi, i volatili gracchianti, si muovono in grossi stormi facendo scorribande d'aria e insetti da una parte all'altra della città, saettando tra i piani più alti dei palazzi, specchiandosi sulle pareti di vetro dei nuovi grattacieli, appollaiandosi, in piccole comunità, su antenne e alberi. Ma né i neri uccellacci, né il boato crescente delle automobili, né l'arroganza della nuova ricchezza, possono togliere fascino e poesia a Bucarest, alla mia Bucarest.

Ognuno di noi, si sa, ha strani luoghi del cuore che poco hanno a che fare con bellezza, opulenza, allegria; sono piuttosto incroci di dimensioni dove scopri, d'un tratto, che quello scorcio ti è stranamente familiare, che riesci a trovare le parole giuste in una lingua mai studiata, che ciò che trovi insopportabile in ogni altro posto del mondo, qui ti è invece tollerabile, addirittura simpatico.

Arrivata all'aeroporto Henri Coandă salgo in un taxi che mi accoglie con la solita, ammorbante musica dance romantica, con una deviazione per lavori e una scorciatoia non segnalata dal navigatore. Il tassista si affretta a spiegare che la sindaca ha approntato grandi migliorie e che ogni giorno la città sarà più bella ed efficiente. "Ci credo" rispondo.

Costeggiamo il lago cittadino, il lago Herăstrău coi suoi ristoranti con terrazze, le piccole imbarcazioni e qualche pescatore solitario. Il parco intorno al lago è stato ricavato da una palude e aperto al pubblico negli anni Trenta, mentre è da sempre protetta una vasta area che ospita Il Museo del Villaggio romeno, una grande baita che celebra la vita quotidiana della popolazione autoctona delle origini. Il lago è un luogo molto amato dagli abitanti di Bucarest forse perché è placido e immobile, abbordabile, avvicinabile, un po' come loro.

Il libro in borsa in questo viaggio è scritto da uno dei più illustri romanzieri romeni contemporanei, Mircea Cărtărescu che ha unito strettamente il suo nome a questa città, descrivendone le tensioni e la sottocultura degli anni bui della dittatura, ma anche decodificandola attraverso i sentimenti più universali e profondi.

"... Bucarest, ammasso di costruzioni e vegetazione sotto un cielo sempre cangiante, mi appare come un quadro messo dentro una cornice un po' pretenziosa."

La cerchia di palazzi ottocenteschi sopravvissuti alla demolizione sistematica di Ceaușescu, ospita musei e teatri cittadini: sono edifici ingrigiti e ingialliti e assaliti da cartelloni pubblicitari e insegne luminose, ma ci restituiscono ancora intatta l'immagine di una capitale colta ed elegante. Ma basta svoltare all'angolo sbagliato per ritrovarsi nei viali dei gerarchi che, in geometrie perfette e con edifici duplicati inesorabilmente nello stesso identico modo, conducono al mostruoso, gigantesco palazzo del dittatore. Gli amici romeni, non lo nominano, non lo guardano, per loro non esiste; ed è davvero strano il destino di questo mastodontico simbolo d ricchezza e sopraffazione, essere diventato l'invisibile sede del Parlamento di una Repubblica democraticamente eletta. Nei giardini, dove un tempo dozzine di giardinieri sceglievano la rosa più bella per la first lady, oggi si esibiscono le rock band più famose del mondo.

Mircea Cărtărescu ha scritto la trilogia "Abbacinante" che rappresenta una di quelle letture "indimenticabili" , difficili da recensire. Molto più facile è abbandonarsi ad essa e, quasi di colpo, capire tutta una città, una storia e un popolo.

" ... camminavo in un mondo sprovvisto di tempo, sul marciapiede del viale del cinema, in direzione del Circolo Militare, in una Bucarest in cui ogni edificio era soltanto una facciata di cartongesso, puntellata da impalcature traballanti. Una città costruita con le pinzette dentro una bottiglia vere e panciuta."

La bellezza di questa città emerge per caso, all'improvviso, come fa la vera bellezza: è una strada con piccoli giardini settecenteschi, è una piazza dalle ombre arabescate, un bar, un negozio, una libreria... Come la libreria Cărturești Carusel, considerata semplicemente la più bella d'Europa. Ma forse ancora di più, ai miei occhi, è il sentimento di dignità e amorevolezza che si esprime, quasi ingenuo, in tante piccole forme: l'amore verso i cani randagi che vengono adottati da interi condomini, la vendita di cianfrusaglie per strada da parte di eleganti signore di mezza età, è il sorriso benevolo di un popolo timido che rincorre la propria identità.