Ai primi del Novecento l' astrattismo si sviluppa nel nord Europa con una serie di artisti che ricercano un nuovo linguaggio nell'arte, svincolato dalla pittura figurativa artistica, mentre vengono privilegiati il segno, il colore e la superficie.

Kandinskij è l'artista più importante che vi si dedica, ma nascono anche movimenti come il De Stijl in Olanda e il Bauhaus in Germania.

Il teorico Wilhelm Worringer col suo saggio “Astrazione ed Empatia” dà avvio alla ricerca astratta che diverrà, nel corso del Ventesimo Secolo, insieme alla figurazione, lo stile più importante dell'arte. Il primo acquerello astratto viene dipinto da Kandinskij, ma anche Paul Klee e Piet Mondrian, insieme ai movimenti che si ispirano alla corrente, adottano i principi dell'astrazione.

Kandinskij, attraverso un segno definito “infantile”, azzera il linguaggio figurativo, col quale cerca di dare un nuovo significato alla sua arte. Questi “scarabocchi”, come vengono definiti, rimandano unicamente a se stessi, ma nell'intenzione dell'artista vogliono narrare un significato “altro”.

La pittura astratta vuole esprimere uno stadio primario di conoscenza, svincolandosi dalla rappresentazione. Vi è una totale libertà di espressione, in cui l'artista esprime la propria interiorità, fino ad arrivare, per gli artisti più profondi, alla spiritualità.

A questo proposito Kandinskij pubblica il suo saggio “Lo Spirituale dell'Arte”, pietra miliare per la nostra saggistica artistica: non è solo un grande artista, ma anche un filosofo che sa coniugare arte, musica e filosofia con grande maestria.

Col tempo questo linguaggio si evolve e si raffina, si sente il bisogno di far ordine nel bailamme dei segni che ne sono scaturiti.

Entra in causa il linguaggio geometrico a cui Mondrian dà il suo notevole contributo, coinvolgendo architettura, pittura e arti applicate. Per lui l'arte e la vita non sono separabili, per cui dà alla sua opera un'impronta più personale e più precisa.

Questo linguaggio astratto si diffonde in tutta l'Europa e coinvolge anche l'Italia: negli anni Venti, Trenta e Quaranta, attorno alla Galleria del Milione a Milano e a Como, Lucio Fontana, Mauro Reggiani, Fausto Melotti e altri operano ispirandosi a quest'arte, ottenendo riconoscimenti anche internazionali con la pura geometria delle forme, la raffinatezza cromatica esercitati con estremo rigore teorico.

Nel 1948, a Milano, Gillo Dorfles, Bruno Munari e Atanasio Soldati, fondano, con altri artisti, il Movimento dell'Arte Concreta, che si contrappone ad una falsa astrazione, cercando di sviluppare una nuova purezza formale e un linguaggio in linea estetica con gli artisti europei.

Negli anni successivi, fino ad arrivare ad oggi, l'astrattismo prende forme diverse perchè vi sono contaminazioni di ogni tipo e carattere, sia di forma che di contenuto.

La più rovinosa ed eclatante è quella cavalcata da giovani artisti che pretendono di dipingere in modo astratto, senza le necessarie competenze, per cui il mercato viene svilito e svalorizzato: è facile per chiunque pasticciare su una tela coi colori, ma l'arte è studio, ricerca, impegno, sacrificio e anche sofferenza.

Giuliano Cotellessa è un artista che della forma astratta ne ha fatto il suo emblema, rimanendogli fedele, pur con le evoluzioni che l'arricchimento delle conoscenze porta con sé, cercando anzi di rivitalizzarla dalla sclerotizzazione a cui era pervenuta attraverso il dipanarsi del tempo.

Ha cercato forme innovative, approfondendo con impegno le varie secessioni astratte di tutto il corso del Novecento, aggiungendovi altre tematiche affini, come il Futurismo, fino ad arrivare alla Transavanguardia. Ma ciò che colpisce di questo artista è il carattere ludico e giocoso, che ha caratterizzato altri grandi artisti italiani come Nespolo, Donzelli, Giuli, Dorazio, Del Pezzo, Capogrossi, Spoldi, De Maria, fino ad arrivare a Keith Haring.

Giuliano Cotellessa è, soprattutto, ispirato dalla musica: nelle sue opere si evidenzia la poesia che l'ascolto della musica riesce a creare nell'artista, attraverso la grande comunione di forma e colori che rimandano ad uno spartito musicale. Per Kandinskij la musica ha avuto grande importanza, guidandolo verso l'astrattismo lirico, una linea di pensiero in cui la pittura non imita la natura, ma ne è la diretta espressione, riuscendo a carpire l'interiorità dell'artista, che la estrinseca nell'opera. La musica stimola la consapevolezza del proprio io, aumenta la sensazione di calma e di benessere: fin dai tempi di Platone e di Aristotele si è parlato delle potenzialità, persino terapeutiche, della melodia. E Cotellessa utilizza la musica come medium per raggiungere quello stadio di immersione totale nella creazione. Il gioco dei colori si fa avanti, nella danza sfrenata della forma, che si dipana in mille giustapposizioni diverse, ma sempre armoniose, accattivanti e poetiche.

Sanno raccontare i momenti ludici, come quelli più tormentosi, le sofferenze come le gioie, in un tutt'uno armonico che cattura l'occhio e lo spirito dell'osservatore, invitandolo così a condividere il pensiero dell'artista.

L'arte visiva è proprio questo, una condivisione che parte dall'artista e giunge al fruitore, in un congiungimento spirituale unico e stupefacente. Quando c'è questa comunione si resta affascinati e muti, perchè raggiungere il pensiero di un altro essere, è un momento di grande impatto spirituale. L'arte visiva è questo che deve comunicare, un afflato unico, quasi inspiegabile, che congiunge gli esseri umani, che a volte riescono ad andare oltre a quello che l'artista ha voluto comunicare, trovandovi altri spunti, nuove ispirazioni, nuovi significati.

Si coglie il valore di un'opera, secondo la propria sensibilità, comprensione e cultura, ma c'è un livello istintivo di cui non si saprebbe quantificare il senso, ma che ci avvince, in un'opera d'arte. Ciò avviene con le opere di Cotellessa, anche perchè esse trascendono il tempo, fino al sacro che lui ha ricercato nel simbolismo delle culture più arcaiche, arrivando a un personalissimo codice di segni che subito lo connotano e lo fanno riconoscere per l'originalità.

E' sempre illuminante conoscere il pensiero di un artista, ecco la sua intervista:

Qual è l'obiettivo delle tue opere ?

L'obiettivo delle mie opere è quello di rivitalizzare una lingua antica e sclerotizzata come quella dell'astrattismo nazionale e internazionale. Riportare in auge con piglio deciso, innovativo e contemporaneo la grande astrazione internazionale, studiando le varie Secessioni Astratte, che si sono succedute nel corso del Novecento, a partire dal Futurismo di Giacomo Balla, passando attraverso il gruppo del Milione di Milano con i vari Atanasio, Reggiani, Veronesi, Magnelli, Licini ed altri. Nel secondo dopoguerra poi con il Gruppo Forma dei Dorazio, Turcato, Perilli, per arrivare alle ultime Avanguardie del Novecento, attingendo come studi a De Maria della Transavanguardia di Achille Bonito Oliva e ai Nuovi Nuovi di Barilli, con Jori e Levini.

A quale artista ti ispiri?

Sono diversi gli artisti con cui ho delle vicinanze, lontane o vicine. Rientro in quell'alveo della pittura ludica, giocosa,irriverente, con tratti in comune anche con l'architettura, quali Ugo Nespolo, Leonardo Santoli, Bruno Donzelli, Franco Giuli, Piero Dorazio, Lucio del Pezzo, Riccardo Licata, Giuseppe Capogrossi, Nicola De Maria, Keith Haring.

Cosa pensi quando dipingi?

Quando dipingo ascolto sempre musica: è la mia grande passione. Da ragazzino volevo iscrivermi al Conservatorio Santa Cecilia a Roma per seguire un corso come direttore d'Orchestra del grande compositore Goffredo Petrassi, ma mio padre, persona umile, concreta, grande lavoratore e commerciante, non volle nella maniera più assoluta. Ascolto la musica soprattutto del grande compositore Ennio Morricone, ma anche di Sting, David Sylvian e altri e mi lascio trasportare dalle melodie in mondi di grande armonia che mi ispirano.

I segni della tua pittura cosa significano?

I Segni nelle mie opere trascendono il tempo e ci conducono al sacro, attraverso il recupero del segno e simbolico di varie culture, delle civiltà indigene d'America, al tempo del sogno degli aborigeni australiani, fino a quelle africane ed egizie. La mia opera complessiva testimonia una continua ed assidua ricerca, per ottenere un esclusivo codice di segni, un personale glossario per realizzare le mie enigmatiche tavole sinoddiche.

Che significato hanno i titoli delle tue opere?

Le mie opere, anche se sono astratte, hanno sempre paradossalmente un riferimento alla realtà per cui i titoli sono sempre pertinenti, con riferimenti ben precisi al reale.

A che filosofia ti ispiri?

Ho un diploma di maturità quinquennale presso il liceo artistico di Pescara, dove sono stato allievo di uno dei più importanti artisti, Ettore Spalletti. Successivamente ho frequentato la Facoltà di Architettura, questo per dire che ho una preparazione artistica e tecnica ottima, ma per quanto concerne i riferimenti filosofici, ne sono carente. Non ho dottrine filosofiche a cui ispirarmi, anzi, sono contrario a ciò in quanto molti artisti, senza arte, nè parte, giustificati da curatori privi di scrupoli, tendono con le loro teorie filosofiche a far passare per grandi capolavori, delle opere artistiche di scarso valore.

Pensi che tutti capiscano le tue opere?

Le opere di difficile comprensione mi interessano dal punto di vista dello studio dell'arte contemporanea, ma non mi piacciono e non le apprezzo, anche se riconosco talvolta la loro importanza... Io cerco invece di fare una ricerca innovativa e d'avanguardia, rimanendo nel possibilmente comprensibile, almeno ad una parte della massa. Non mi va di fare una ricerca di difficile comprensione per pochissimi addetti ai lavori, perchè a me piace il riscontro, anche se solo in parte, di un pubblico di massa.

Cosa pensi dell'arte contemporanea?

Ho conosciuto, nella mia lunga carriera d'artista (opero da ragazzino nel mondo dell'arte) molti dei più grandi artisti italiani del Novecento e posso dire che pochissimi di questi artisti hanno avuto mercato in vita. Sono mosche bianche coloro che si sono potuti vantare in giovane età, o nel corso della propria carriera, di avere avuto un mercato nazionale o internazionale. Non faccio nomi per non far risentire nessuno, ma importanti maestri, durante il corso della loro vita non hanno avuto quel consenso del mercato che meritavano. Non ho mai pensato nella mia carriera di artista, al mercato, ma ho operato per la mia storicizzazione, attraverso mostre personali e collettive di prestigio, con recensioni di grandi critici e l'inserimento delle mie opere in musei nazionali e internazionali.

Che progetti hai per il futuro?

Mi avvicino ai sessant'anni e devo dire che le forze cominciano ad abbandonarmi, sia per quanto concerne il dipingere quadri in notevole numero, sia il viaggiare, eventualmente in tutta Italia e nel mondo. In questo momento sono disorientato e non so cosa pensare del mio avvenire di artista, anche se continuo con serietà la mia ricerca e ad esporre in tutto il mondo.

Giuliano Cotellessa ha amato particolarmente le musiche di Ennio Morricone, e molti dei suoi capolavori sono ispirati alle sue melodie: il grande compositore le ha appezzate ed ha scritto, tra l'altro, di lui: - In tutte le opere di Giuliano Cotellessa, vi è una costante e paradigmatica fatta di colori imposti e giustapposti, quasi a volersi separare dalle forme chiuse, così come queste ultime sembrano muoversi nello spazio loro assegnato, noncuranti delle colorazioni ad esse assegnate.

E' una battaglia di elementi ed emozioni, primi piani e sfondi, armonie e cacofonie, ecco in quest'ultima dicotomia, riaffacciarsi la “realtà musicale”, che metto tra le virgolette perchè in effetti l'arte dei suoni (banale, ma efficacemente sintetica definizione di “musica”) è qualcosa di più complesso, è manifestazione creativa irrazionale ed astratta per costituzione naturale, essa è inafferrabile ed al tempo stesso la più profonda a penetrazione dell'intimo di ciascuno: tale inafferrabilità/profondità è proprio la caratteristica portante della poetica di Cotellessa, che non a caso si abbevera alle “misteriose fonti” della musica. - E' chiaro che tra artisti ci si capisce alla perfezione!

Giuliano Cotellessa è nato a Pescara il Primo novembre 1962, dove vive e lavora. Ha conseguito il Diploma di Maturità Quinquennale presso il Liceo Artistico Statale di Pescara dove è stato allievo di Ettore Spalletti. Successivamente ha frequentato la Facoltà di Architettura della città adriatica. E' stato invitato ad oltre 350 mostre in tutto il mondo, tra cui: 52° Premio Termoli; 40° Premio Vasto; 24° e 33° Premio Sulmona; 25° e 37° Premio Valle Rovereto; 41° e 42° Premio G.B. Salvi, Sassoferrato (AN); 7° e 8° Premio Limen; 12° e 13° Trasalimenti; V° Triennale d'Arte Sacra Jesi; 31° Premio Emigrazione Pratola Peligna (AQ); X° Mostra “Stanze Aperte” Altidona; 10° Biennale d'Arte Penne; Linee di Ricerca omaggio ad Osvaldo Licini, Ferminiano (PU); LV Biennale di Venezia, evento collaterale.

Ha allestito 40 Mostre Personali, tra cui si ricordano le antologiche all'ex Aurum di Pescara, a cura del Premio Oscar Ennio Morricone e Armando Ginesi e quella presso il Museo Crocetti di Roma, a cura di Roberto Gramiccia. Giuliano Cotellessa è stato invitato a prestigiose mostre d'Arte Contemporanea nell'ambito della “Scuola Romana”, accanto ad artisti quali: Schifano, Festa, Mambor, Fioroni, Pisani, Lombardo, Levini e molti altri. Molte delle sue opere si trovano presso importanti Musei Nazionali e Internazionali.