"Sono atterrata ora. Arriverò tardi, se vuoi dormire lascia pure le chiavi sotto lo zerbino"

Questa falsa cortesia innervosì Elisa, ma decise comunque di obbedire. Posizionate le chiavi, passò a controllare la stanza dell’ospite. I due lettini giacevano uno accanto all’altro; vicino alla finestra, lenzuolo e copriletto a fiori erano meticolosamente piegati e pronti ad avvolgere un corpo, mentre a destra sul coprimaterasso erano sistemati tre asciugamani in ordine crescente e una coperta di lana. Il comodino tra i due letti non la convinceva, aggiustò la posizione dei fiori di campo, recisi quel giorno, affinché creassero aree cromatiche omogenee. S’infilò sotto le coperte nella stanza accanto, in attesa dei rumori che l’avrebbero svegliata. Verso le due di notte la porta scricchiolò, poi i passi sulle scale, l’acqua del rubinetto, lo sciacquone, l’interruttore della luce, infine silenzio.

Si svegliò alle prime luci dell’alba per sentire i rumori del bosco. Infilò i piedi scalzi nei grossi stivali di gomma e si avventurò tra i campi avvolti di rugiada a cogliere qualche germoglio primaverile. Passò dalle sue aiuole a rubare delle foglie di menta e melissa. Apparecchiò sul tavolino in veranda, una tovaglia azzurrina tappezzata di margherite, due piatti di porcellana, due tazze dipinte a mano e un vaso di fiori raccolti. Sorseggiava in attesa. Uscì Anna, che si stiracchiò al sole. Si abbracciarono. Il suo fascino si era risvegliato con lei, proprio come lo ricordava. La luce del mattino inoltrato le accentuava le imperfezioni dovute all’età, rendendola ancora più seducente.

-Che meraviglia.
Si sedette e prese un biscotto. Elisa subito si alzò in piedi.
-Tè o infuso di erbe?
-Caffè di solito.
-Faccio subito.
Elisa fuggì in cucina prima che la sorella potesse pensare di alzarsi. L’aria iniziava a scaldarsi. Elisa versò il caffè. -Non ti siedi? -Vado a prepararmi, devo correre in paese prima che Alfredo finisca il pane. -Ti accompagno. -Bevi con calma.

Si guardò allo specchio, sembrava più vecchia. Raccolse i capelli e li sciolse immediatamente, il collo lungo e le clavicole sporgenti andavano coperte. Aveva deciso di indossare un vestito di seta a fiori, poi coperto da un vecchio cardigan. Appena varcò la soglia del cancello, Anna la raggiunse.

Sulla strada verso il paese si udirono dei latrati acuti, Elisa strinse nervosa la borsa di tela. Un’innocua bestiolina le raggiunse ed Anna si mise ad accarezzarla. Aggrappata ad un bastone intagliato arrivò la signora Invernizzi. -Buongiorno Elisa.
-Salve signora.
-Ma guarda chi si rivede da queste parti…
Avviò così un interrogatorio ad Anna, lieta di rispondere tra una coccola e l’altra al cagnolino. Si vedevano tutti i giorni senza scambiarsi mai più di due parole, mentre con la sorella anche dopo cinque anni poteva parlare per ore. Elisa si stufò di raccogliere primule a bordo strada e proseguì verso il panettiere.

Uscendo dal negozio, trovò Anna che si sciacquava le mani alla fontanella. -Non sapevo che il signor Invernizzi fosse morto.
-Sì, l’anno scorso.
-Potevi avvisarmi, avrei fatto le mie condoglianze
Non riusciva a capire se le importasse davvero.
-Scusami, non ci ho pensato. Andiamo da mamma?

La tomba era una nuda lastra di marmo con al centro la foto della madre. Si era eloquentemente opposta alla tomba famigliare del marito, poiché voleva riposare tra le sue montagne.

Elisa fece per estrarre un mazzo di fiori dalla borsa, ma la sorella la bloccò e chiese di occuparsene lei. Il suo modo di levare i petali secchi sparpagliandoli in giro con la mano le sembrò profano, ma non protestò. Poi Anna posò i nuovi germogli, sforzandosi di incanalare tutto l’amore che conteneva in quel gesto. Elisa raccolse svelta i fiori appassiti e andò a buttarli, senza dire una parola.

C’era quiete tra le rade lapidi, solo un debole cinguettio e dei motori lontani disturbavano l’eterno riposo. Anna parve soddisfatta di quel luogo, mentre Elisa si sentiva un’intrusa ogni volta, come se i suoi passi sui sassolini potessero risvegliare l’ira di qualche antico pastore.

Al rientro a casa, Elisa si chiuse in cucina. Udiva la sorella nell’altra stanza ripetere con voce limpida e autorevole un discorso sul rifiuto di Doris Lessing dell’etichetta di “scrittrice femminista”. La voce si interruppe. Elisa non udiva più alcun suono provenire dal soggiorno. Sbirciò dalla soglia e vide Anna accarezzare le ortensie azzurre sul davanzale. Riprese a preparare il pranzo con le orecchie tese, in attesa della continuazione dell’intervento, ma non arrivò. Una volta avviate le verdure in padella, tornò in soggiorno per avvisare che avrebbero pranzato tra mezz’ora.

Trovò la sorella con in mano un vecchio ferro da stiro, quelli che un tempo si scaldavano sui carboni ardenti. Anna guardò Elisa malinconica. -Ti ricordi quante volte abbiamo rischiato di tirarcene uno in testa?
-Sì.
-Come mai li hai lasciati? Dicevi che ti facevano tristezza.
Elisa si avvicinò alla sorella, le strappò di mano l’oggetto e lo rimise al suo posto sulla credenza. -Sono un ricordo.
Sparì di nuovo in cucina.

Pranzarono in veranda, il sole era alto nel cielo, ma una brezza fresca e il verde attorno rendevano una delizia stare all’aria aperta.
-Dovresti venire a trovarci nella casa di Jacques in Provenza, durante la fioritura della lavanda. L’ameresti. Tutto si tinge di lilla e il profumo inonda ogni dove.
-Sembra incantevole.
-La vicina di casa fa il sapone fatto a mano, ci portavo sempre i bambini da piccoli. Ti piacerebbe.
-Forse.
-Perché non vieni?
-Devo badare alla casa e alle piante, non posso semplicemente decidere di andare in villeggiatura come te.
-Mi fa male vederti qui.
Elisa radunò i piatti.
-Io ci vivo qui.
-Aspetta Eli, non intend-...
Elisa non udì quelle ultime parole. Anna rimase in veranda a guardare il bosco verde e rigoglioso, forse accentuato dalla calda luce del primo pomeriggio.

Verso sera Anna partì per Milano, dove l’indomani doveva tenere una conferenza. Nonostante il silenzio tombale in casa, Elisa non chiuse occhio. Alle prime luci dell’alba s’infilò gli stivali di gomma e si inoltrò nei prati avvolti dalla rugiada. Alla soglia del bosco si fermò a guardare la casa, che spuntava imperterrita tra le distese in fiore, nostalgica e distaccata.