La Scienza e la Religione, queste custodi della civiltà, hanno entrambe perduto il loro dono supremo, la loro magia, quella di impartire un grandioso e valido ammaestramento. Dai templi dell’India e dell’Egitto sono usciti i più grandi sapienti della terra. I templi greci hanno forgiato eroi e poeti. Gli apostoli del Cristo sono stati martiri sublimi e ne hanno generati a migliaia. La Chiesa dell’Età di Mezzo, malgrado la sua teologia primitiva, ha creato santi e cavalieri poiché essa credeva e, occasionalmente, in essa vibrava lo spirito del Cristo. Oggi né la Chiesa, imprigionata nel suo dogma, né la Scienza, rinserrata nel suo materialismo, sanno più dar vita a uomini completi. Perduta è ormai l’arte di creare e plasmare le anime, né la ritroveremo se non quando Scienza e Religione, nuovamente fuse in un’unica forza vitale, si dedicheranno insieme e di comune accordo al bene e alla salvezza dell’umanità. E per far questo la Scienza non dovrà mutare il suo metodo ma solo dilatare i suoi confini; né il cristianesimo dovrà mutare la sua tradizione, ma solo comprenderne le origini, lo spirito e la portata.

(Edouard Schurè)

Questo scritto dello scrittore, filosofo, poeta ed esoterista francese calza a pennello con l’argomento di cui tratteremo e soprattutto ne delinea l’approccio che necessariamente implica un ampliamento della coscienza.

Francesco Sepioni, medico presso il Dipartimento Emergenza e Urgenza dell’Asl 1 della Regione Umbria, nel suo saggio Al confine con l’aldilà. Esperienze di premorte narrate da un medico d’emergenza, oltre ad aver raccolto numerose testimonianze di persone che hanno vissuto questa esperienza, snoda un’analisi minuziosa degli elementi scientifici, psicologici e filosofici che queste esperienze racchiudono e che sono collegate alla fatidica domanda: “L’anima o la coscienza sopravvive alla morte del corpo? Esiste una vita oltre la morte?” Il tema delle esperienze dei morenti o di chi, creduto morto, sia ritornato in vita accompagna da sempre la storia dell’umanità, dai racconti di Omero e Platone sino agli odierni casi di pazienti in condizioni di pericolo di vita.

Il tuo lavoro è molto impegnativo sia dal punto di vista fisico che emotivo, il team d’emergenza è attivo tutti i giorni dell’anno e a tutte le ore, ma permette a voi operatori di provare emozioni che pochi mestieri possono far vivere…

È proprio così, certo subiamo stress e stati d’ansia ma salvare la vita a un paziente in una situazione d’emergenza è la più grande vittoria dell’uomo sulla morte. Quando questo avviene, si prova una sensazione di pace interiore e di appagamento unico. Al contrario, quando la morte prevale sulla vita, si ha un senso di smarrimento e d’impotenza: il fatalismo e l’accettazione del destino hanno la meglio su uno sparuto gruppo di uomini intento, con tutti i mezzi a disposizione, a cercare il “miracolo” che non si è avverato.

Francesco, cosa ti ha spinto a scrivere questo saggio?

Questo libro di certo non cerca o presume di dare risposte, ma attraverso l’esposizione di casi clinici reali, in maniera scientifica e razionale, offre l’interessante opportunità di ampliare il nostro orizzonte di riflessione sui concetti di fine vita, anima, premorte e spiritualità. Il mio intento è quello di stimolare una riflessione nel lettore che, probabilmente, valuterà con maggiore attenzione e rilievo il valore dello scorrere del proprio tempo, ma soprattutto non potrà che apprezzare ulteriormente l’importanza del grande dono che è la Vita.

In cosa consistono le NDE (Near Death Experiences)?

Le esperienze di premorte o NDE sono un fenomeno clinico frequente e complesso e ci sono restituite dai racconti di pazienti che hanno sfiorato i confini della morte e sono “tornati indietro” per testimoniare il fatto.

Tutte le vicende descritte nel mio saggio appartengono a persone clinicamente morte, in coma o in arresto cardiaco, che durante le rianimazioni cardiopolmonari raccontano di staccarsi dal proprio corpo, per entrare in un tunnel di colori che gli permette di raggiungere un luogo bellissimo dove ritrovano le persone amate defunte, provando un senso profondo di pace e di beatitudine. Inspiegabilmente i pazienti in questo stato d’incoscienza hanno ricordi lucidi e documentabili, anche se il loro cervello è clinicamente inattivo per mancanza di ossigeno e assenza di attività cardiopolmonare. Le persone al loro “ritorno” vivono l’evento come una crisi esistenziale e un’esperienza di apprendimento, a seguito della quale non hanno più paura della morte. La morte per loro non è più la fine di tutto ma il proseguimento della vita in un’altra forma, con una coscienza “aumentata”: cambiano vedute sul modo di vivere la loro esistenza sulla terra, luogo in cui l’amore e la compassione per gli altri sono condizioni importanti di vita.

Il soggetto che subisce questo fenomeno ha la netta percezione di essere in un’altra dimensione (diversa da quella ordinaria della vita terrena) e di aver abbandonato il corpo fisico, oltrepassando i limiti del proprio io e della dimensione spaziotemporale del mondo fisico. Inoltre si parla di OBE (Out of Body Experience) ogni qualvolta una persona percepisce di “uscire”, di proiettare la propria coscienza oltre il proprio corpo. Questo fenomeno non è raro infatti circa il 20 % della popolazione italiana afferma di aver avuto un OBE nel corso della propria vita. Le esperienze di NDE appartengono al territorio di confine tra fisica e metafisica.

Tale fenomeno è stato per molto tempo sminuito dall’ambiente culturale e scientifico che ne ha negato la significatività, solo dagli anni ’70 si è approfondito l’argomento, lo scetticismo è tuttora presente?

Ancora oggi, alcuni pregiudizi sono presenti nell’ambiente scientifico. Alcune ricerche hanno dimostrato che la maggior parte dei pazienti non racconta la propria NDE perché temono di non essere presi sul serio e derisi.

Anche parecchi medici sono ancora molto scettici e hanno una scarsa conoscenza in merito al fenomeno che tendono a negare perché incompatibile con la loro cultura e con la visione del mondo attualmente dominante. È soltanto negli ultimi 30 anni che sono comparsi testi e articoli sulle NDE in ambito medico e psicologico dando credibilità al fenomeno. Il numero dei casi è aumentato grazie a un miglioramento delle tecniche di rianimazione, delle terapie e la maggior consapevolezza del fenomeno. Dal 1978 è presente una società scientifica, la International Association far near-death studies, che si dedica allo studio della premorte, di esperienze simili e del loro rapporto con la coscienza umana. Sul «Journal of near-death studies», inoltre, vengono pubblicati i risultati delle ricerche e gli articoli riguardanti le NDE.

Quali sono le caratteristiche delle NDE?

Un’esperienza di NDE comprende i ricordi di tutte le impressioni vissute che una persona (una volta riprese le funzioni vitali) riporta di aver vissuto in un “particolare” stato di coscienza. I racconti non sono mai identici tra loro, ma presentano numerosi elementi in comune che ricorrono sistematicamente in ogni NDE (anche se non sempre tutti contemporaneamente). Ne citerò per brevità alcuni della classificazione di Moody:

  • ineffabilità e unicità dell’esperienza, che risulta inesprimibile a parole e unica nel suo genere;
  • sensazione di pace e serenità mai provata prima e scomparsa del dolore;
  • consapevolezza di essere morto, seguita a volte da un rumore o una musica;
  • abbandono del proprio corpo con la possibilità di osservarlo dall’esterno, in un’esperienza extracorporea (obe): le persone assistono alla loro rianimazione o operazione, svolte da medici o infermieri, da un punto al di fuori e al di sopra del proprio corpo;
  • percezione di uno spazio scuro, un tunnel di buio definito anche come una galleria o un cilindro, a volte percepito come pauroso, in cui le persone vengono rapidamente attirate;
  • percezione di essere in un ambiente ultraterreno;
  • incontro con altri esseri (parenti, amici) e visione di una grande ed intensissima luce;
  • preveggenza o visioni del futuro e ritorno consapevole nel proprio corpo.
La NDE è in sostanza uno stato modificato di coscienza. Le tradizioni sapienziali antiche affermavano che la coscienza è non locale, eterna e infinita, quindi sopravvive alla morte fisica. La cultura occidentale, basata invece sulla visione separativa, intende la morte come la cessazione della coscienza; pensi che le NDE possano contribuire al cambio di paradigma?

Assolutamente sì. Le persone che hanno sperimentato un NDE comprendono che la coscienza sopravvive alla morte fisica. Questo sembrerebbe dimostrare che la morte non è la fine della coscienza, come sempre l’abbiamo invece concepita nel mondo occidentale.

Potresti raccontarci un caso emblematico di NDE?

Un caso molto significativo di NDE con OBE, pubblicato su riviste scientifiche autorevoli, è quello del dottor Parnia all’interno del progetto AWARE effettuato nel 2014. È il racconto di un paziente che, mentre si trovava in ospedale per accertamenti, ha avuto un arresto cardiaco dove è stato utilizzato un DAE (defibrillatore automatico):

Stavo rispondendo all’infermiera ma ho sentito una forte pressione all’inguine. Non un dolore, stavo parlando e poi all’improvviso devo aver perso conoscenza ma poi ho sentito vividamente una voce automatica dire «Shock the Patient», «Shock the Patient» e in alto all’angolo della stanza c’era una donna che mi chiamava con un cenno… posso ricordare che pensavo tra me e me “Non posso andare lassù” lei mi chiamava… sentivo che mi conosceva, sentivo che potevo fidarmi di lei e che lei era lì per una ragione e non sapevo quale fosse… e un secondo dopo, io ero lassù…guardando giù Me, l’Infermiera e un Uomo con la testa pelata e tarchiato, aveva un camice e un berretto blu ma potevo distinguere che era calvo da come stava il berretto. Successivamente ricordo di essermi risvegliato e l’infermiere mi diceva «lei si è addormentato, ora è di nuovo qui con noi». Se lei ha detto queste parole, se la voce automatica realmente sia esistita non lo so. So chi era l’uomo con il berretto blu, non conosco il suo nome completo ma era l’uomo che ho visto il giorno dopo, ho visto quell’uomo che è venuto a visitarmi e l’ho riconosciuto chi avevo visto il giorno prima.

La cartella clinica ha confermato l’uso del Defibrillatore automatico (DAE), il team medico presente durante l’arresto cardiaco e il ruolo dell’Uomo Identificato nel trattamento dell’arresto cardiaco. Il protocollo di rianimazione per un arresto cardiaco prevede due minuti di massaggio cardiaco/ventilazione (RCP) e un minuto di tempo per l’analisi del ritmo da parte del DAE nel decidere se effettuare la defibrillazione o meno. Quando è partito l’ordine tramite la voce automatica (“Shock the Patient”) di effettuare la defibrillazione da parte del DAE, il paziente l’ha percepita chiaramente ed era un minuto che non veniva effettuato il massaggio cardiaco. Si può stimare che il paziente abbia avuto almeno 3 minuti di consapevolezza conservata e percezione corretta della realtà (percezioni veridiche). La cosa più anomala sotto il punto di vista medico scientifico è il fatto che il paziente oltre ad aver percepito chiaramente la voce automatica del DAE (percezione uditiva) ha riconosciuto il personale medico (percezione visiva) in una situazione di fibrillazione ventricolare, in uno stato d’ incoscienza e dove il suo elettroencefalogramma era piatto perché non c’era circolo.

Nel saggio hai dedicato dei capitoli sulla morte, sull’anima, sollecitando nel lettore la consapevolezza che è illusorio pensare di raggiungere, con la ragione, tutto il conoscibile…

La fede religiosa e la ragione scientifica sono per definizione distinte e non intersecabili, ma è evidente che molti fenomeni non si possono spiegare con la sola logica. Nessuna mente umana può contenere tutto il sapere, nemmeno settoriale. Lo scibile è solo una piccolissima parte rispetto all’enormità dell’abisso insondato della realtà. Vorrei qui citare le parole della mistica Natuzza Evolo che ha affermato: «L’uomo, per volontà divina, non potrà mai avere una conoscenza completa, con prove inoppugnabili e definitive del mondo spirituale che si intrecciano con il mondo scientifico nello spiegare i fenomeni che avvengono sulla terra perché in tal caso verrebbe meno l’importanza della fede e del rispetto, da parte di Dio stesso, della “libertà” dell’uomo». Un essere umano, in fasi diverse della sua vita sulla terra, dovrà confrontarsi e dare delle risposte agli interrogativi che ho posto nel saggio. Questi vanno ricercati dentro di noi tramite la nostra sensibilità, fede, cultura ed esperienza.

Concludo con una testimonianza tratta dal saggio:

Noi captiamo il mondo sulla terra attraverso il nostro corpo con i nostri sensi: vista, tatto, gusto, olfatto, udito. Questo ci limita, rappresenta solo una dimensione ed è limitata. È come se fossimo in una corazza. Quando siamo liberi dal corpo fisico abbiamo percezioni iper-reali e una ultra-chiarezza, viviamo il reale. La nostra coscienza è in grado di registrare qualsiasi cosa accada con chiarezza totale, perché non subisce il peso della fisicità e dei nostri sensi fisici. L’esperienza di NDE mi ha amplificato la capacità di assorbire tutte le energie. L’esperienza premorte è una porta per l’universo e l’infinito. Sulla terra non lo capiamo perché ci manca la capacità di comprendere l’infinito. Tendiamo a vedere la NDE attraverso il prisma del nostro mondo fisico».