La parola “frase” è uno dei termini più ricercati nella costellazione dei motori di ricerca internet da fonte Google. Carpire le origini, analizzarne i gangli, risalire fino alle sorgenti che ne hanno generato l’etimo aprirà a noi, nuove prospettive e angoli di visione, sia sull’etimo stesso, sia sui motivi induttori di tale ricerca di massa. Alla voce, il Devoto Oli descrive: "l’unità fondamentale, autosufficiente e completa, del nostro parlare, costituita essenzialmente, nelle nostre lingue, di soggetto e predicato".

Il Giordano Bruno, nel suo De umbris Idearum descrive quindi la frase perfetta, intesa quale massima e più esaustiva possibilità di espressione ed unione di parole, senza incorrere nel rischio dell’eco ridondante espressivo. Lo schema, derivato direttamente dal suo metodo delle ruote, atte altresì a sviluppare eccellenti doti mnemoniche, ci conduce alla compiutezza di una frase composta da tre elementi, in linea con la descrizione del Devoto; evolve dunque, nella sua massima estensione, a cinque elementi fondamentali ivi esposti in rigorosa consecutio subtīlis : soggetto [agentes], predicato [actiones], epiteto della frase / epiteto del complemento oggetto [insigne], attributo della frase /complemento oggetto [adstans], predicato al soggetto o al complemento oggetto [circumstatiae].

Al di là del tecnicismo, gradito ai cultori delle scuole sintattiche, possiamo estrapolare una profonda luminosa verità: oltre tale infinita finitezza, non esiste motivazione per andare; lo strumento della parola, fornito all’uomo e per l’uomo, si eserciti nella dimensione del Vitruviano di Leonardo e dei suoi cinque punti coassiali; viceversa, il Cerbero, bestia feroce per ogni scrittore ed uomo di pensiero, godrà alla preda di noi, distruggendo passato, presente e futuro.

La pragmaticità romano-latina non aggiunge molto al nostro sapere, derivando il termine direttamente dal latino [verba- orum] significato di insieme o nugolo di parole. Viceversa, nel risalire al greco, inizia a svelarsi una vera e propria nuova angolazione e il profumo manifesta effluire dalla sorgente da noi ricercata. “Frase” deriva infatti dalla parola greca [kómma] quale termine utilizzato per esprimere il concetto di tagliato, pezzo di periodo. A generare la radice greca kó, il sanscrito porta alla nostra attenzione la parola [kup] dal significato recondito di bramare, afferrare, impadronirsi di; ove la [p] assume il ruolo di funzione di ampliamento nello spazio [k]. E' affascinante notare, quanto la parola “frase” racchiuda in sé, sia lo slancio ad aumentare la propria spazialità, sia la finitezza con la quale questa si voglia divenga, essendo a sua volta troncatura di una palingenesi più ampia alias il periodo.

In queste semplici deduzioni etimologiche, il mistero incantato della ricerca così divenuta popolare: l’anelito umano teso a auto definirsi in una frase; fintanto identificarsi e celebrarsi nell’altrui solitario creato; quali siano poi i nodi gordiani di un deterministico finito o empirico veleggiante pensiero, a buona guisa ne “il sonetto” del Carducci, l’essere umano vi si cerca e vi si perde, finisce e si sfinisce, mostrando di se ciò che è o ciò che ha captato essere.

Il sonetto

Dante il mover gli diè del cherubino
E d'aere azzurro e d'òr lo circonfuse:
Petrarca il pianto del suo cor, divino
Rio che pe' versi mormora, gl'infuse.
La mantuana ambrosia e 'l venosino
Miel gl'impetrò da le tiburti muse
Torquato; e come strale adamantino
Contro i servi e i tiranni Alfier lo schiuse.
La nota Ugo gli diè de' rusignoli
Sotto i ionii cipressi, e de l'acanto
Cinsel fiorito a' suoi materni soli.
Sesto io no, ma postremo, estasi e pianto
E profumo, ira ed arte, a' miei dì soli
Memore innovo ed a i sepolcri canto.

(G. Carducci)

Ora e per sempre quindi, nel volo di una fantasia incanta narrare: un uomo essere una frase, più uomini un periodo, più comunità di uomini: la sublime opera letteraria esser in scrivendo e leggendo.