A questo mondo ci sono individui poco assennati, perché troppo assonnati, che scambiano l’arroganza per forza di volontà e che, perciò, adorano incondizionatamente tutti quei poeti di grido che hanno la malsana abitudine di autoproclamarsi profeti e di lasciarsi magari andare a tronfie quanto discutibili dichiarazioni del tipo: “Scrivere è per me una professione (anche e specialmente di fede)”.

Io invece preferisco gli autori appartati, gli autori oscuri, gli autori che han fatto dell’umiltà il proprio credo e per i quali comporre versi, da cui infine “ricavare” sillogi e libri, è quindi un’esigenza di vita, una passione sincera e non una forma di istrionismo, dettato dai vizi e vezzi della fama; insomma io sento pulsare l’afflato della vera poesia solo nelle pagine di coloro che – relegati da sempre nei meandri dell’anonimato – hanno avuto la fortuna di rimanere persone schiette e coi piedi per terra, grazie a Dio non “contagiate” o “corrotte” dagli effetti nocivi della notorietà; fra di esse, desidero oggi citare Angela Lombardozzi, un’istruttrice di yoga e terapista shiatsu che, cresciuta fra Roma e Tivoli, ha poi studiato sociologia, trovando presto impiego, come redattrice, presso la casa editrice Ubulibri di Milano (città dove tuttora vive).

Amante sia della pittura (numerosi i quadri che realizza) sia della musica (non per nulla collabora in veste di paroliere con la cantante e vocal coach Consuelo Orsingher, più volte ospite di programmi e produzioni della Rai), Angela si è formata come scrittrice sotto la guida di Roberto Agostini, critico teatrale del Corriere della Sera, apparendo, nel corso del tempo, vuoi in due antologie dell’Associazione catanzarese “Accademia dei Bronzi”, vuoi nel volume collettaneo Rabbia. Maneggiare con cura (dato alle stampe nel 2017 dal Gruppo artistico “Underground?”), vuoi su varie riviste a carattere letterario e culturale fra cui è d’obbligo ricordare Haijin Italia, il mensile online Il Cofanetto Magico (diretto da Maria Cristina Giongo, corrispondente da Eindhoven dei giornali Libero e Avvenire) e Beyond Thirty-Nine, portale web nato ad Hong Kong su intelligente iniziativa dell’imprenditore sardo, nonché romanziere della Sperling & Kupfer, Ciriaco Offeddu.

Che altro aggiungere? Beh, ovviamente che le liriche di Angela, delle quali accludo una breve raccolta in calce a quest’introduzione, s’improntano talora ad un serrato flusso di coscienza, magistralmente concepito per rispecchiare la concitata e penosa assenza di senso, dalla quale l’esistenza quotidiana di noi uomini è ahimè afflitta, perlomeno in determinate circostanze. Ma in altri testi, la maggioranza, a stemperare il dolore e scorgere un utile insegnamento, persino negli accadimenti all’apparenza più “periferici” e irrilevanti, subentrano prontamente delicate suggestioni che, pur discendendo forse dalle opere di Pablo Neruda e Chandra Livia Candiani, vengono rielaborate con estrema eleganza, in funzione di uno sguardo originale e “arioso”, indubbiamente pervaso di una calma immota e contemplativa: una calma che, sebbene molto simile all’abbattimento rassegnato che in genere segue alle sconfitte, è di quest’ultimo l’esatto opposto, perché in realtà si configura, radiosa, come pazienza (cioè consapevolezza che indagando a fondo le vicende umane, si riuscirà sempre a scoprire il filo conduttore che le lega e dunque le spiega).

Poesie di Angela Lombardozzi

Ali

Ho una poesia sulla lingua
Il petto batte
Ma non trovo le ali
Guardo in un altrove
perché qui il presente
è annebbiato
– Ti chiedo il sale
della tua presenza
Quell’eterno stare
che produce tutti i mutamenti
Folle! Folle è l’uomo che tesse
la sua più grande virtù
Un ponte di salvezza
Un filo instabile di luce e precipizio
Ma datemi le ali
perché tremo…
Forse basterebbe anche
un solo abbraccio uno sguardo
Una mano sul cuore
Il tuo sorriso tutto.

Poche cose servono

Poche cose servono
Ripeto
poche cose servono
Il sottile allinearsi della mente
Lo spirito ribelle che
bolle
tra i tendini e il tessuto connettivo
E pace
tra cuore e bocca
Poche cose servono
Il canto delle parole
Una matita lo sguardo sul labbro
L’attesa calma
dei tuoi respiri
sul vuoto.

Negozi di stelle

Mi piacciono le persone semplici
le spiagge libere
le mani che ripiegano
e riempiono gli zainetti
il suono delle onde
il disegno dei voli
Mi piace la calma del nulla
così piena e quieta
il respiro dell’addome sui sassi
i colori dei teli
l’arancio del salvagente
che avverte che
qui siamo tutti salvi
Salvi da tutto e da niente
Il Pil può anche fare a meno di noi
che acquistiamo
il nostro respiro
bracciate tra i pesci
sogni dentro occhiali da sole
e abbracci sotto negozi di stelle.

Cosa muove la gioia?

Cosa muove la gioia?
Quel sentiero di passi mai spenti
anche quando l’incerto
costruisce barriere
Cosa muove la gioia
a moltiplicare gli spazi
gli abbracci
i sorrisi
disegnati sui denti
come fosse
sempre
mattina presto.

Soul!

Soul!
Ho parlato di te
all’oscurità
seminando glicini
sul fondo scuro
dell’aurora
– il pensiero lasciava
che fiorissero
fino al cielo –
Gli ho parlato di te
e mai ho avuto
paura
Fino a quando
il buio
dal grembo
della volta celeste
ha inviato un morso
che a me è parso
un grido anonimo
Ho trafficato
battiti di cuore per
rinvenire al mondo
Soul! Plano
su questo declivio
inciampando
con le mie ali spiumate
– ma sono vivo.

Portami un abbraccio

Portami un abbraccio
carico del tuo rosso
– la dolce pace dell’ebbrezza –
ché io possa ritrovare
un po’ di quiete
e quel leggero piacere
dei sensi vaghi
che rende meno pesante
il buio
Sollevami tra le braccia
senza tenerezze
ma solo con la forza
dell’apertura più grande
delle tue mani
così capaci
di tenere insieme
i sospiri.

Perdere le occasioni

Come biglie senza buca
Un rotolare che non trova strada
L’occasione si perde
E io perdo te
Ho perso troppi te
per fragilità
per assenza di un vestito
che lasci trasparire il volto
i gesti
nella loro eloquente semplicità
Ho perso te
a causa della vulnerabilità
Un nascondino di spade
corpo ferito
Trappole per piedi
Assenza di respiro
La voce imbavagliata nel cuore.

Lockdown

Restare nelle lunghe attese
mentre un niente ti distrae
Pensi alle pantofole
al loro trascinarsi senza meta
tra una stanza e l’altra
in cerca di una strana consolazione
tra le forme dei quadri appesi
Fuori battono forte sui muri
– basterebbe il canto
del pettirosso sopra la grondaia
a spolverare il mondo...
È quasi Natale in questa fine di maggio
ma per il soffice della neve
devi ancora attendere
– così innaffi il tuo ciclamino
togli le pantofole
e danzi senza meta
tra una stanza e l’altra
trovi una strana consolazione
nei colori dei quadri appesi
Fuori solo vociare di bimbi
un pettirosso salta giù dalla grondaia
oplà!
per confondersi leggero
nella polvere rosa di un tramonto.

Formula semplice

Sono il punto, l’equinozio
di un equilibrio perenne;
una formula semplice
dietro i cancelli.

Me

La piccola che tengo tra le mani
– grande in tutto come una testa –
mi dice che non è stata compresa
la terra di luce che riempie lo spazio
tra il confine e il silenzio.

Provaci!

Mi dici che non sono io
Mi chiedo chi sei tu?
Le solite girate di manica
Gli umori scivolosi
I sensi allertati
E quello sguardo...
Mi dici che non sono io
Rispondo che ne sai tu?
Tra lanterne e tane
non hai ancora provato
a guardarci dentro...

Ristoro

Resterò come quando dicevi
non andare
Resterò sapendo non invano
questo spazio
Un posto con pane e poche briciole
Un posto di sassi e sale
E sole quanto basta
Resterò senza temere
Sarà ristoro
Un’occasione per quando di nuovo
sarò viandante.

C’è luce in abbondanza

C’è luce in abbondanza
In questa casa
aria di primo mattino
e fragore di miele nei desideri
Allora perché questo torace
appeso?
Ho tolto tutto
Ho fatto pulizia
di indumenti e immagini
La testa vuota i piedi saldi
Cammino lentamente nel pulviscolo
Cerco una direzione
dentro la luce
Oltre la polvere...

Quel tanto che basta

Quel tanto che basta
per toccare tutto
La via secondaria
che allarga alla luce
Pensieri sradicati
raccolti in mazzetti
Colori distesi
tra le dita, e là…
Quel tanto che basta
per toccare tutto.

Un po’ di calore

Preparo gli esercizi?
Preparo il pane?
La vista è piatta sul presente
Si allunga invece sul futuro
Costruisce mondi sopra nuvole
Mentre qua lo scorrere del tempo
si fa muto
chiuso come mollusco d’ostrica
Paralisi fuori paradiso dentro
Paesaggi e azioni fluttuano
su palafitte
Tutto è freddo... niente è perduto?
Dove sei vita
che ti plasmo
con le mie mani
– desiderio di fioritura –
I rami diventano steli argentei
prima di gemmare
E tu vita quando spolveri d’argento?
Basterebbe un po’ di calore
per schiudersi come un sogno
a primavera.

Da qualche parte

Da qualche parte
esiste un filo che
unisce.

Basterebbe la punta
del cuore Un’isola di orizzonti
Uno spazio finito
Per restare
bastano pochi centimetri

Pace!

Pace
Cerco pace per tutti
Mettere pace fare pace
Cercare pace
La tua guancia sopra il cuscino
Lo sguardo allegro mentre allacci le scarpe
Il cappellino la felpa
Una giornata storta “ma sì, tanto c’è il sole”
Tornare bambini, le cuffie nelle orecchie
Il mare negli occhi
E vedere Paris, sotto nuvole rosa
Pace
Cerco pace per tutti
Disegnare aiuole
Seminare lillà
Verniciare finestre
Ci vuole aria fresca per questa pace
– Mi dico
mentre saluto un ricordo
Perché tutto
deve ancora accadere

Custodire

Custodisci il tuo breve spazio
la briciola di dolore-amore
la complessità che sfugge all’evidenza
le parole e l’assenza
Chinati alla gravità della terra
in un gesto di preghiera
senza fiato corto
a testa alta
con il respiro che accompagna
i passi – uno a uno
e prima di arrivare
Resta.

Epigrafe

Il suono e il vero
il vero e il falso
il falso e il niente
il niente e il tutto
La tavola è imbandita a lutto:
dovrebbe forse aprirsi una danza?
Nella nausea accelerata di un’eco senza corsa
l’epigrafe intona muta la tua assenza.

A microfono aperto

A microfono aperto
i limiti si baciano
in attesa dell’urto
Tesse la tela
il ragno che non vuole
l’invadenza dello spazio
Attendi
con una quota
di sottile ansia
questo evento
sapendo
che tutto rientrerà
nel luogo
dove ogni cosa
ha avuto origine
L’importante è
stare in questo momento
non pensare
al forse al quando
al perché
Non ritrarre il dito dalla bocca
che incanta
Persevera nell’attimo
perché ogni cosa che fugge
più non è
La goccia
lascia il segno
nel punto
È la precisione dell’istante.

Miracoli

La gola mi ha parlato di un miracolo. Io ci credo.
Credo ai miracoli. A quelle visioni di quando il corpo
diventa occhio grande con pupilla di cuore.
Siamo dentro l’eterno. E dall’eterno attraversati.
Dovrei farne memoria.