La danza contemporanea nella migliore produzione a livello internazionale è sbarcata a Venezia dal 22 giugno al 1° luglio alla Biennale Danza sotto la direzione artistica di Marie Chouinard, coreografa e danzatrice di fama mondiale.

La 12ma edizione del Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia ha un titolo evocativo: Respirare, strategia e sovversione. Già nel messaggio si può leggere l'anima innovativa e trasgressiva della coreografa di origine canadese, che assicura a questa edizione attesissima della Biennale Danza un ampio e variegato spettro in cui si declina la coreografia oggi. Come non ricordare la sperimentazione spericolata di questa artista originaria del Quebec che ci ha ammaliato e disorientato con lo spettacolo Body remix accompagnato dalle Variazioni Goldberg in un turbine di incredibili coreografie dove i danzatori si muovevano su grucce, protesi, carrelli in una ricerca del movimento che non si era mai vista prima.

La risposta del corpo sollecitato da situazioni al limite, sono una sorta di cifra semantica e connotante di Chouinard che, a vent’anni dall’antologica delle sue prime creazioni Les Solos 1978-1998, presentata anche alla Biennale nel 1999, prosegue l’idea di attingere al proprio repertorio con la sua compagnia. In prima mondiale alla Biennale, Solos et duos è un'opera retrospettiva di circa trenta assoli e duetti, “una nuova collezione coreografica, una reinterpretazione di queste brevi forme che diventano autonome, ma inscritte in un lungo e profondo processo creativo che si sviluppa per oltre quarant’anni”, ha spiegato la stessa coreografa.

Marie Chouinard prosegue con quest’idea attingendo al suo repertorio per creare una nuova retrospettiva costituita da una trentina di assoli e duetti, Radical Vitality, Solos and Duets, che sono andati in scena lo scorso 23 giugno in prima mondiale al Teatro Piccolo Arsenale (ore 20.00) “Estrapolandole dal loro contesto, questo lavoro mi ha permesso di gettare uno sguardo nuovo su queste piccole forme coreografiche – dice Chouiard -, dotandole a volte di nuovi costumi e dovendo talvolta ricoreografare l’inizio o la fine. Il lavoro di trasmissione di tutti questi ruoli ai danzatori rivela altre loro qualità e, inoltre, mi ha permesso di riscoprire pezzi che erano rimasti sepolti nel mio bagaglio, di trasformare originali assoli in nuovi duetti”. E conclude: “Questa serata divisa in due atti per i dieci danzatori della Compagnia permette una rilettura di questi ‘corti coreografici’ divenuti forme autonome, ma inscritte in un lungo e profondo processo di creazione durato quarant’anni”.

Il Leone d’Oro alla carriera è stato assegnato dalla Biennale a Meg Stuart, considerata capofila di improvisation projects che hanno marcato la sua attività influenzando numerosi artisti. La Stuart ha presentato alla Biennale il suo lavoro, la prima italiana di Built to Last; che ha visto il connubio tra il postmodern di Deborah Hay, antesignana della “controcultura” americana raccolta al Judson Dance Theater, e la perfezione dei danzatori del Cullbergbaletten, massima espressione del balletto moderno, insieme per Figure a Sea, sulla musica di un’altra grande sperimentatrice, Laurie Anderson.

Anche il flamenco contemporaneo di Israel Galván è stato protagonista di questa edizione di Biennale Danza, con Fla.co.men rivitalizza una tradizione secolare che ha nel dna (è figlio di bailaores), senza timore di rivoluzionare gli elementi di una danza fortemente codificata. Hanno animato l'evento i “concerti-coreografici” di Frédérick Gravel, con il suo collettivo di attori, danzatori e musicisti, interpreti della prima italiana di Some Hope for the Bastards, esempio dell’inconfondibile fusione di indie rock e danza contemporanea. L’incrocio fra danza, musica e teatro sostanzia anche il lavoro di Jacques Poulin-Denis, compositore e coreografo, che firma Running Piece, opera per danzatore e tapis roulant, in prima europea per la Biennale.

Il grado zero della danza è stato rappresentato da Xavier Le Roy, fra i pionieri dell’anti-coreografia, che spazia dall’operazione concettuale al gesto ironico. Le Roy presenta in prima assoluta Le Sacre du printemps, un assolo diventato quasi di culto che reinventa rifrangendone i gesti fra tre interpreti femminili. Su questa stessa linea opera la danese Mette Ingvartsen, di cui a Venezia ha visto in prima italiana To come (extended), come performer accanto a Jan Ritsema, Bojana Cvejic, lo stesso Xavier Le Roy, Boris Charmatz. La Ingvartsen è autrice di una “coreografia espansa” fino al punto estremo dell’immaterialità, dove il corpo perde il suo consueto ruolo dominante, si fa oggetto fra gli oggetti.

A quest’area coreografica, in cui la sfera percettiva prevale sulla virtù tecnica e la sensazione è elemento chiave, si ascrivono le italiane, con numerose esperienze all’estero, Francesca Foscarinie Irina Baldini. Entrambe hanno preso parte alla Biennale con un dittico: Vocazione all’asimmetria e Animale, novità assoluta, per Francesca Foscarini; per Irina Baldini 7 ways to begin without knowing where to start, con cui si è rivelata a Biennale College – Coreografi lo scorso anno, e Quite now in prima assoluta.

Alla coreografia come esperienza sociale, spazio comune che performer e spettatore modellano insieme si orienta l’opera di Faye Driscoll, già Bessie Award e Doris Duke Artist Award, per la prima volta in Italia con Thank you for Coming: Attendance, capitolo primo di una serie di lavori “fatti per e con il pubblico”.

La trasmissione del repertorio contemporaneo, l’analisi delle tecniche coreografiche, che mette a fuoco ogni anno un metodo specifico (nel 2017 Forsythe, quest’anno la stessa Chouinard), l’interpretazione e l’elaborazione personale sono oggetto delle attività di Biennale College destinate ai danzatori e ai coreografi. L’obiettivo è di promuovere nuovi talenti offrendo loro di operare a contatto di maestri per la messa a punto di creazioni: l’esito dei due percorsi intensivi dedicati all’arte della danza e all’arte della coreografia sono ospitati all’interno del 12. Festival Internazionale di Danza Contemporanea. I 15 danzatori selezionati quest’anno, tutti dai 18 ai 23 anni (8 italiani, 2 australiani, 1 olandese, 1 greco, 1 israeliano, 1 da Singapore), al termine di tre mesi che integrano training e interpretazione, sono stati i protagonisti dei 24 Préludes de Chopin di Marie Chouinard e di una nuova creazione di Daina Ashbee, ideata per Biennale College.