Un tripudio di ordine, arte, organizzazione, disciplina e riflessioni costruttive ha accompagnato la IX edizione di uno sfavillante Sponz Fest, kermesse organizzata e diretta da Vinicio Capossela a Calitri, il borgo dell'alta Irpinia, di cui è originario. Un evento del tutto atipico rispetto al consueto panorama festivaliero, che celebra la cultura dell'incontro come arte della vita e che ha accolto in sicurezza un pubblico omogeneo e responsabile. Insieme a un programma musicale di spessore, il cielo terso di Calitri ha accolto un work in progress di approfondimento, vaglio, ipotesi e soluzioni in modalità collaborativa e cooperativa.

Nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia, tutto si è svolto alla perfezione, con cinque giorni a perdifiato che hanno riguardato concerti, spettacoli, incontri, escursioni, laboratori e dibattiti intorno alle cosiddette terre dell’osso, riflettendo sulla salvaguardia e sulla rigenerazione delle aree interne che hanno una particolare densità nel nostro mezzogiorno. Terre spesso dimenticate per quanto belle e cariche di significati che potrebbero essere finalmente tramute in risorse dal valore aggiunto, ovvero in luoghi su cui ipotizzare un definitivo riscatto.

La salvaguardia e la rigenerazione dei paesi delle aree interne, sempre più necessaria anche in relazione alla crisi del modello urbano e a un riequilibrio dell’insediamento e dei modelli di vita - ribadisce Capossela - sono stati il tema prevalente di questa edizione. Le aree interne vanno difese a partire dall’immaginario, perché se le perdiamo non abbiamo più rifugio. Attraverso politiche mirate e l’utilizzo delle nuove tecnologie è possibile creare le condizioni affinché le persone abbiano l’opportunità di scegliere di rimanere, di ritornare o anche di arrivare per la prima volta in un territorio che solitamente è visto come un luogo da cui partire.

Tra gli ospiti di un programma denso e articolato, particolarmente efficaci sono stati gli interventi dello scrittore Giuseppe Catozzella, l‘accademico e critico musicale Alessandro Portelli, lo storico Carlo Ginzburg, i giornalisti Annalisa Camilli e Alberto Nerazzini, confrontatisi in una quanto mai cruda riflessione su cosa vuol dire fare oggi il giornalista d'inchiesta in Italia e ancora applausi a scena aperta per Enzo Bianchi, laico fondatore della comunità monastica di Bose, da cui si è distaccato di recente, che ha dispensato umane parole di saggezza, le scrittrici Donatella Di Pietrantonio e Licia Giaquinto in una toccante conversazione sulle terre dello spolpo.

Musicalmente il roster degli artisti convenuti era indomito, per quanto elegante: appannaggio di palati fini. Alle sperimentazioni sonore di Matt Elliott e Daniel Blumberg, si sono aggiunti i colti arpeggi di Marc Ribot, l'essenzialità acustica di Bob Dylan da parte di un figlio d'arte come Pietro Brunello. E ancora il set anti-convenzionale di Iosonouncane, scheggia eccentrica del nostro cantautorato, il solito, generoso concerto del padrone di casa, che ha ospitato una folta platea di ospiti in un lungo set protrattosi alle prime luci dell'alba, salvo bissare la sera dopo con un fantastico set in trio condiviso con Victor Herrero e Alessandro "Asso" Stefana, dedicato esclusivamente alle torch-songs o ballate tristi, trovando anche il tempo di presenziare agli altri happening previsti come il potente concerto all'alba tenutosi nella vicina Cairano per sole cornamuse, zampogne e ciaramelle.

Menzione d'onore per l'esclusiva italiana rappresentata dalla divina cantante spagnola Martirio, che tornava alle nostre latitudini dopo oltre 15 anni d'assenza: accompagnata dal figlio, il portentoso chitarrista Raúl Rodriguez, la carismatica vocalist ha omaggiato l'iconica figura di Chavela Vargas, con un concerto di rara malia artistica ed un ferreo controllo dei brani scelti e virati in stile flamenco, cui ha inframezzato un doppio tributo a Franco Battiato, popolarissimo anche in terra ispanica, per una meritatissima ovazione finale. In parallelo al cartellone artistico è stato compilato un documento definitivo per un manifesto delle aree interne o dell'osso, simbolo di questa edizione, con il coordinamento generale di Maria Scalisi, in un percorso di partecipazione pubblica che niente vuole elemosinare alla burocrazia tradizionale, ma piuttosto provare a creare una politica pubblica, capace di incidere sui territori partendo dal basso, favorendo azioni e attività volte a costruire un processo inclusivo e sinergico.

La prima azione che il Policy Lab delle Terre dell’Osso intende realizzare- sottolinea la Scalisi- sarà quella di continuare la raccolta di disponibilità, iniziata nei giorni del festival 2021, da parte di attori territoriali che hanno già sviluppato progetti innovativi e che intendono contribuire a costruire un programma di azioni prioritarie condivise.

I temi selezionati - Rigenera l’osso, Innova l’osso, Coltiva l’osso, Connetti l’osso - corrispondono a quattro tavoli di lavoro che permetteranno a tutti coloro che intendono collaborare di incontrarsi e contribuire alla costruzione del manifesto di azioni.

Il processo del Policy Lab delle Terre dell’Osso si svolgerà, attraverso lo sviluppo di una piattaforma collaborativa e di incontri periodici, secondo le seguenti tappe: lancio di una call aperta a tutti gli attori delle Terre dell’Osso per individuare azioni innovative situate (settembre 2021); raccolta di proposte per ciascuno dei quattro temi selezionati e definizione di un ordine di priorità (novembre 2021); confronto con Officina Giovani Aree Interne e tutti gli altri gruppi di lavoro già attivi nei territori delle Terre dell’Osso, soprattutto nel coinvolgimento dei giovani e degli anziani; costruzione di un Atlas dei progetti in atto e selezione di proposte prioritarie ritenute urgenti, trainanti, integrate e in grado di innescare nuovi processi circolari (dicembre 2021); definizione di azioni sperimentali collaborative e cooperative che coinvolgano attori pubblici, privati e sociali (luglio 2022); avvio di azioni test in occasione dello Sponz Fest 2022 (agosto 2022).

L'ultima parola tocca ancora a Capossela, inesauribile ed appassionato dominus:

Ed infine abbiamo sotterrato l’osso. Dopo una settimana, che è durata un anno, lo abbiamo riposto come fa il cane, per avere ancora da parte una riserva vitale, per avere da rosicare qualcosa nei tempi a venire. Per essere solo un osso ci ha dato da mangiare in quantità. Lo abbiamo fatto suonare, lo abbiamo cucinato, ci abbiamo bevuto dentro, ci ha dato pensieri e argomenti. Lo abbiamo immaginato ricoprirsi di nervi e di carne, rimpolparsi di umanità. Ci ha fatto ricordare del pesce, che per primo rinunciò alla corazza e pose l’osso dentro, e alla difesa preferì la libertà e il movimento. Ecco: l’osso è la struttura della costruzione, la colonna che consente la posizione eretta. Se qualcosa si è trasformato in voi, se avete allungato le vertebre come la giraffa, allora questo sponza-mente è servito.