Il concetto di linearità esprime la proporzionalità tra causa ed effetto. Se impiego un’ora per percorrere 7 chilometri a velocità costante, posso prevedere che impiegherò due ore per percorrere 14 chilometri. In un mondo lineare il passato è un sicuro maestro. Inoltre, nel mondo lineare posso combinare i fatti semplicemente sommandoli. Se devo determinare quanto peserà la borsa della spesa quando comprerò 6 mele e 4 pere, sapendo che ogni mela pesa 100 grammi e ogni pera ne pesa 200, posso fare un semplice calcolo: 6 x 100 + 4 x 200 = 600 + 800 = 1,4 chili. Un mondo lineare è decisamente semplice, prevedibile e controllabile.

Al contrario, un mondo non lineare produce risultati sorprendenti. Per rendervi conto del problema prendete un foglio di carta A4, che ha uno spessore di circa un decimo di millimetro, piegatelo in due, poi in quattro e poi in otto. Lo spessore ora è di otto decimi di millimetro. A questo punto fermatevi e cercate di prevedere, così ad intuito, quale spessore avrà il foglio dopo venti piegature. Quando ho posto il quesito ai miei studenti ho ottenuto risposte comprese tra i due e i dieci centimetri. Risposte che hanno sottovalutato enormemente lo spessore finale, perché dopo venti piegature lo spessore sarà di centoquattro metri. Sembra impossibile, eppure è così, perché ad ogni piegatura lo spessore 0,1 millimetri si moltiplicherà per 2, quindi 0,1 x 2 x 2 x ... x 2 venti volte = 104,8 metri. Se ci provate, dopo la sesta piegatura dovete desistere, perché piegarlo richiede uno sforzo impossibile.

Non bisogna meravigliarsi se il Sapiens abbia ragionato in modo lineare per costruire artefatti dal comportamento prevedibile. Tutti gli artefatti sociali (regole, leggi e istituzioni) e gli artefatti fisici (oggetti, tecnologie e sistemi) sono pensati come artefatti lineari. Nella giurisprudenza deve esserci proporzionalità tra reato e pena. Nel mondo delle tecnologie, deve esserci certezza nella relazione tra causa ed effetto. Se voglio salire al terzo piano, devo essere certo del risultato pigiando il pulsante tre dell’ascensore.

Né bisogna meravigliarsi che il Sapiens impieghi una quantità considerevole di energia per estirpare la sterpaglia non-lineare dal mondo che ha costruito. Un ambiente artificiale perfettamente lineare è pura utopia. Le tecnologie e le regole sociali soffrono i limiti di ogni invenzione umana: sono provvisorie, contingenti, incomplete. Provvisorie e contingenti, perché rispondono ad esigenze e conoscenze relative al tempo e al luogo in cui sono nate. Incomplete, perché non è possibile prevedere tutte le circostanze entro cui dovranno operare.

Il problema più scabroso consiste nel fatto che il Sapiens, ostinandosi a costruire un mondo artificiale lineare per difendersi da una natura imprevedibile, ha perso la capacità di entrare in sintonia col pianeta, che ora ci sta presentando il conto. I problemi globali sono per loro natura non-lineari, e, tuttavia, il Sapiens vuole correggere gli errori del proprio mondo lineare utilizzando la stessa logica lineare con cui l’ha costruito. Un atteggiamento che mi ricorda l’aneddoto del lampione: un signore si aggira intorno a un lampione in una piazza buia. Ogni tanto si china a terra, poi riprende a girare. Un altro signore gli si avvicina e gli domanda cosa stia facendo. Il primo signore gli risponde: “Sto cercando le chiavi che ho perso.” Il nuovo arrivato gli ribatte: “È sicuro di averle perse proprio qui?” E l’altro: “Non sono sicuro, ma qui c’è la luce.” Proprio come noi che, avendo confidenza nella luce del metodo lineare, cerchiamo sempre e solo con quella le certezze che abbiamo smarrito.

Diviene lecita una domanda: siamo incatenati al metodo lineare o possiamo pensare di progettare anche sistemi non-lineari? Per una risposta affermativa sarebbe necessario dimostrare che i sistemi basati sulla non-linearità riescono a produrre risultati efficaci, e che tali sistemi siano progettabili.

Al primo punto risponde la teoria dei sistemi complessi, che ha dimostrato che sistemi naturali non lineari come gli stormi di uccelli, le colonie di formiche, i banchi di pesci danno luogo a comportamenti ordinati straordinariamente efficaci, e che i gruppi umani mediante interazioni spontanee non-lineari sono in grado di auto-organizzarsi. L’esempio più sbalorditivo è fornito dal nostro cervello, che opera grazie a miliardi di connessioni non-lineari tra le cellule neuronali. Sul secondo punto, ChatGPT, che è un sistema artificiale non-lineare, ci fornisce una prima risposta: siamo in grado di progettare sistemi non lineari, ma il significato da dare al verbo ‘progettare’ è molto diverso da quello a cui siamo abituati. Come ChatGPT ci sta mostrando, possiamo progettare un sistema non-lineare fino a un certo punto, poi il sistema si auto-progetterà mediante un proprio processo di apprendimento. Il progetto potrà definire l’architettura complessiva e i metodi di apprendimento, ma non riesce ad andare oltre. Infine, l’auto-apprendimento darà luogo alla imprevedibilità e creatività del sistema, che è il suo reale punto di forza, ma che la sottrae al nostro completo controllo.

Una cosa è certa: è una tecnologia completamente diversa da tutte le altre fin qui conosciute. Fino ad oggi abbiamo avuto a disposizione algoritmi che si comportavano come idiots savants, capaci di calcolare con estrema precisione la rotta dalla Terra alla Luna, ma assolutamente sprovvisti di intelligenza situazionale. Invece, ChatGPT dimostra di poter simulare la nostra capacità di comprendere il contesto. Dico ‘simulare’ perché ChatGPT vive rinchiuso nel mondo scritto del vocabolario e, grazie ad una intelligenza combinatoria, riesce a produrre sequenze sensate di parole; mentre l’intelligenza situazionale di noi umani deriva dalla capacità di comprendere i comportamenti e le intenzioni dei soggetti presenti all’interno di una situazione. Adattarsi a una tecnologia non lineare non sarà facile. ChatGPT ci spiazza perché i suoi processi non lineari e i suoi algoritmi probabilistici gli conferiscono gradi di libertà simili a quelli degli esseri viventi. Non sarà facile abituarsi a usarla in modo efficace. Forse, per accelerare il nostro apprendimento sarà utile pensarla come una nuova specie con cui co-evolvere.